Tag

, , , , , , , , , , , , , ,

¿Dónde está la tumba de Moisés? Puedes leer este artículo en español abriendo este enlace

Valle del Giordano, la ‘Terra promessa’ vista dalla cima del Monte Nebo
“Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutto il paese: Gàlaad fino a Dan, tutto Nèftali, il paese di Efraim e di Manàsse, tutto il paese di Giuda fino al Mar Mediterraneo e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Zoar. Il Signore gli disse: «Questo è il paese per il quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l’ho fatto vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!». Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l’ordine del Signore. Fu sepolto nella valle, nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba. Mosè aveva centoventi anni quando morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno. Gli Israeliti lo piansero nelle steppe di Moab per trenta giorni; dopo, furono compiuti i giorni di pianto per il lutto di Mosè. Giosuè, figlio di Nun, era pieno dello spirito di saggezza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui; gli Israeliti gli obbedirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè.” (Deuteronomio 34,1-9)

Secondo il Deuteronomio e la tradizione ebreo-cristiana, Mosè dal Monte Nebo vide la Terra che Dio aveva promesso al suo popolo ma nella quale lui non ci sarebbe mai entrato. Morì subito dopo e fu sepolto nelle vicinanze, nella valle del Moab, dove si trova il monte Nebo, ma nessuno sa dove sia la sua tomba. Addirittura, secondo la tradizione ebraica, sarebbe stato sepolto dallo stesso Dio, in modo che il luogo della sua sepoltura fosse sconosciuto da tutti e quindi evitare i pericoli dell’idolatria, e che la sua figura potesse offuscare l’immagine di Dio.  

– Chiesa paleocristiana sulla cima del Monte Nebo. Cappella del battistero

Il Monte Nebo si trova attualmente nella Giordania occidentale, nella catena dei monti Abarim, ad est del fiume Giordano, ed è alto circa 817 m.  Dalla sua sommità si vede la “Terra Santa”, la Valle del Giordano, la città di Gerico e, nelle giornate nitide, anche Gerusalemme. Sul Monte Nebo c’è una chiesa del IV secolo, menzionata anche dalla pellegrina Egeria1 nel suo Itinerarium, che visitò i santi luoghi verso la fine del IV secolo. La chiesa ebbe successive aggiunte nel V e VI secolo, come per esempio la cappella del battistero, e molto vicino fu costruito un monastero bizantino. Era quindi meta di pellegrinaggi già dal IV secolo. Però fu abbandonata nel XVI secolo e successivamente riscoperta, grazie soprattutto ai diari di viaggio dei pellegrini dei primi secoli. Il sito fu acquistato dai Francescani nel 1932 i quali promossero dei lavori di scavo che portarono alla luce le rovine dell’antica basilica, che ricostruirono in gran parte. Vennero scoperti, negli anni sessanta, alcuni bellissimi mosaici sia nel battistero vecchio (che rappresenta scene di caccia e pastorizia, del 531), che in quello nuovo (del 597), ricavato da un’antica cappella funeraria

– Interno della chiesa paleocristiana sul Monte Nebo. Mosaici

Oltre all’antica basilica, sulla terrazza panoramica del Monte Nebo oggi possiamo ammirare, insieme al magnifico panorama, la scultura cruciforme con i serpenti intrecciati e il monolito. La scultura, in bronzo, è stata realizzata da Gian Paolo Fantoni, artista fiorentino. Questa ricorda il Nehushtan, il bastone di Mosè che, con solo guardarlo, salvava il popolo d’Israele dal morso dei serpenti nel deserto.2 Il monolito, eretto per il giubileo del 2000, opera dello scultore Vincenzo Bianchi, è definito il “Libro in pietra dell’Amore” ed è dedicato a Papa Giovanni Paolo II. Il messaggio (citazioni del Vangelo di San Giovanni e dalle Lettere di San Paolo) è scolpito in tre lingue: in greco, in latino e in arabo.

– Cima del Monte Nebo. Scultura che rappresenta il “Nehushtan”, o Bastone di Mosè
– Cima del Monte Nebo. Monolito

La morte di Mosè viene datata intorno al 1200 a.C. Ma studi recenti hanno messo in dubbio la credenza millenaria relativa alla sua tomba. Tutto ebbe inizio quando l’insigne archeologo Emmanuel Anati, dopo anni di studi sull’arte rupestre nel deserto del Negev, annuncia nel 1982 che la montagna di Mosè (Jebel Musa), il famoso monte Horeb o monte Sinai, non si troverebbe al sud della penisola del Sinai, ma nell’altipiano di Har Karkom (Monte dello Zafferano) nel deserto di Negev3. Ossia, il monte Horeb sarebbe la cima principale dell’altipiano di Har Karkom, ai confini dell’Egitto con la Giordania, e non quello identificato fino ad ora come il Jebel Musa, nel massiccio di Santa Caterina. Importanti reperti archeologici avallano quest’ipotesi, oltre alle numerosissime incisioni rupestri, circa 40.000, molte delle quali con soggetto religioso o che addirittura alludono a Mosè, come il bastone con i serpenti o le tavole della legge. Era quindi un luogo sacro dove la gente saliva a pregare. Alcune incisioni rappresentano lo stambecco, che è associato al culto del dio Sin, dio della Luna. Poteva quindi essere un monte dedicato a Sin, da dove la parola Sinai. Addirittura suggerisce che la data dell’esodo sarebbe da situare intorno al 2000 a.C., circa 750 anni prima dalla data generalmente accettata, giacché l’attività di tipo religioso in questa zona sarebbe terminata intorno al 2000 a.C., e non ci sarebbe stata nessuna attività umana a Har Karkom nel XIII secolo. Sarebbe storicamente provato che l’ubicazione del Monte Sinai presso il monastero di Santa Caterina divenne tale solo a partire dal 536 a seguito di un decreto dell’imperatore Giustiniano. Inoltre, sempre secondo Anati, in questo luogo non è stato ritrovato un solo reperto archeologico che dimostri un insediamento di un gruppo numeroso di persone all’epoca di Mosè o che indicasse che il Jebel Musa fosse una montagna sacra.

– Deserto del Negev. Altipiano di Har Karkom
– Har Karkom. Incisione rupestre che potrebbe rappresentare le tavole della legge

Una volta fatta sua quest’ipotesi, Flavio Barbiero4, in base a ulteriori studi suggerisce che anche la tomba di Mosè potrebbe essere stata su questa montagna, che è sormontata da una rupe, a guisa di un’acropoli, con un tempietto e delle stele, nella quale c’era una caverna/cripta scavata almeno mille anni prima. La famosa caverna di Elia, menzionata anche da Egeria, doveva trovarsi sotto quella rupe. Anche il profeta Geremia la visitò e vi introdusse una tenda, convinto di essere arrivati al monte dove era salito Mosè5. Questi tipi di luoghi erano solo conosciuti dai sommi sacerdoti e la loro strettissima cerchia, e venivano mantenuti in segreto per evitare profanazioni. Il cronista del Deuteronomio, infatti, non fornisce volutamente dati sulla sepoltura di Mosè. Che Mosè fosse seppellito in un terreno qualsiasi, in una tomba scavata nella terra, pare poco credibile. Come gran condottiero che era doveva avere una tomba degna della sua persona e per lo meno uguale a quella dei suoi predecessori: una caverna scavata nella roccia, e questa non poteva essere approntata in poco tempo né in qualsiasi luogo. Sicuramente la Valle di Moab non offriva questa possibilità. Ci furono 30 giorni di lutto e, passati questi, Giosuè cominciò le operazioni per l’invasione della Palestina. Ma che fecero in questi giorni di lutto? La distanza fra la Valle del Giordano e Har Karkom è di 11 giorni di cammino, tempo che impiegarono i due figli di Mosè Gershom ed Eliezer, insieme a Giosuè e al figlio di Aronne, Eleazaro, per portare il corpo di Mosè nella grotta a Har Karkom, che già era stata opportunamente approntata nel tempo che passarono nel deserto. Altri sette giorni furono impiegati per i riti funebri. Poi 11 giorni per il rientro. Il tutto, più il primo giorno impiegato per proclamare il lutto, somma 30. Molti altri dati, basati sullo studio della Bibbia e comparati con quelli storici vengono apportati a sostegno di questa teoria, che è stata fortemente contestata dai difensori della versione tradizionale. Però potrebbe essere presa in considerazione, in attesa di ulteriori risultati della campagna di scavi ad Har Karkom.

– Monte Har Karkom

Il luogo della sepoltura di Mosè cambia, invece, secondo la tradizione islamica. Secondo i musulmani, che lo considerano uno dei più grandi profeti predecessori di Maometto – nominato ben 136 volte nel Corano – fu sepolto oltre il fiume Giordano, a 7 Km al sud di Gerico e a 15 da Gerusalemme, nel complesso chiamato Nabi Musa. Questo territorio appartiene all’attuale Palestina, ed è uno dei luoghi d’interesse della Terra Santa da dove, in una giornata chiara, si può vedere il Monte Nebo. Si dice che questo complesso fu fatto costruire dal Saladino, colui che vinse i crociati nel 1187 e restituì Gerusalemme ai musulmani però che, allo stesso tempo, dimostrò un’estrema tolleranza religiosa permettendo ai cristiani di visitare la Città Santa. Racconta la leggenda che Mosè apparve in sogno a Saladino rivelandogli il luogo della sua sepoltura, e per questo motivo fece costruire il memoriale che presto divenne meta di pellegrinaggi da parte dei musulmani. In realtà il complesso Nabi Musa, che comprende una ‘camera mortuaria’ costruita sull’ipotetica tomba del profeta, una moschea, e alloggi per pellegrini, fu costruito nel secolo XIII dai mamelucchi, quando si stabilirono in Terra Santa. Diverse cupole, aggiunte nel secolo XV insieme a un minareto, coronano il complesso. Altri interventi furono realizzati nei secolo XVI e XIX.

– Nabi Musa
– Nabi Musa, vista aerea
– Nabi Musa. “Tomba” di Mosè

Questo luogo è stato per molto tempo la prima tappa per coloro che facevano il pellegrinaggio da Gerusalemme alla Mecca. Un cimitero vicino accoglieva i pellegrini che morivano durante il viaggio. Con la caduta della dinastia mamelucca, per Il Nabi Musa cominciò un periodo di decadenza che si protrasse fino al principio del secolo XIX quando fu restaurato dai turchi.  Sotto l’impero ottomano la situazione difficile fra ebrei e musulmani era mantenuta sotto controllo. Pero con la caduta dell’Impero e l’uscita dei turchi dalla Terra Santa, vinti dalle forze britanniche nel 1918, non fu più possibile dominarla. Nel 1920 cominciarono i primi scontri a Gerusalemme fra ebrei e musulmani, che andarono sempre in aumento. Così nel 1937 l’amministrazione coloniale britannica proibì il pellegrinaggio annuale al Nabi Musa. Questa decisione fu anche adottata posteriormente dal governo giordano, già che dal 1948 al 1967 questo territorio rimase sotto la sua giurisdizione, a conseguenza dell’occupazione della Cisgiordania da parte di questo paese (1948), perché poteva essere un vincolo di protesta politica. Dal 1967 il controllo del Nabi Musa passò ad Israele e dal 1995 è amministrato all’Autorità Nazionale Palestinese. Nell’ambito dei programmi delle Nazioni Unite “Aiuto allo Sviluppo del Turismo Culturale” e “Aiuto al Popolo Palestinese”, questo complesso architettonico è stato recentemente restaurato dall’UNDP (‘Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo’), con fondi dell’Unione Europea e in collaborazione con il governo dello Stato della Palestina. La solenne inaugurazione ebbe luogo il 17 luglio 2019 con la presenza delle autorità locali e dei rappresentanti dell’UE, dell’UNDP, diverse rappresentanze diplomatiche e di Europa Nostra. Oggi il santuario e la moschea formano il nucleo del complesso e sono isolate dalle altre costruzioni da due cortili. Il complesso si presenta come un centro multifunzionale di accoglienza turistica, religiosa e non.

1.- Egeria. Diario di Viaggio. A cura di E. Giannarelli e A. Clerici. Editrice Paoline 2015

2.- «Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita» (Numeri 21,9). Per i cristiani è l’immagine di Cristo crocifisso, Salvatore del Mondo, ripreso anche nel Vangelo di Giovanni. «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Giov, 3,14).

3.- E. Anati: Har Karkom e la questione del Monte Sinai, Pistoia 2016

4. – F. Barbiero. La tomba di Mosè: la cripta sul Monte Horeb. Kindle. 2020. – F. Barbiero. La Bibbia senza segreti, Milano 1988

5.- «Quando giunse presso il monte, dove Mosè era salito e aveva contemplato l’eredità di Dio, Geremia salì e trovò un vano a forma di caverna e vi introdusse la tenda, l’arca e l’altare dell’incenso e sbarrò l’ingresso». (2 Maccabei -2,5)