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La febbre dell’Arca di Noè

11 sabato Gen 2025

Posted by Nicoletta De Matthaeis in Pellegrinaggi, Reliquie, Storia

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Tag

Anomalia dell’Ararat, Ararat, Arca di Noè, David Fasold, Diluvio Universale, Durupinar, Epopea di Gilgamesh, Fernand Navarra, Ron Wyatt, Utpanishtim

– Le storie dell’Arca di Noè. Affresco di A. Luini, 1556. Chiesa di San Maurizio, Milano

“Allora Dio disse a Noè: «È venuta per me la fine di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme con la terra. Fatti un’arca di legno di cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e la spalmerai di bitume dentro e fuori.[ …..] Ecco io manderò il diluvio, cioè le acque, sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla terra perirà. Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina. [….] Quanto a te, prenditi ogni sorta di cibo da mangiare e raccoglilo presso di te: sarà di nutrimento per te e per loro». Noè eseguì tutto; come Dio gli aveva comandato, così egli fece.” (Gen 6, 13-22)

“Nel settimo mese, il diciassette del mese, l’arca si posò sui monti dell’Ararat.” (Gen 8,4)

Per secoli si sono succedute spedizioni al Monte Ararat alla ricerca del suo tesoro nascosto: l’Arca di Noè. Questo monte, in realtà un vulcano, alto più di 5.000 metri, si trova ai confini tra l’Armenia e la Turchia. Oggi appartiene a quest’ultima ma aveva sempre fatto parte dell’Armenia storica, che si estendeva dal Sud del Caucaso fino ai monti del Tauro. Però la Bibbia dice che l’arca si posò sui monti dell’Ararat, al plurale. E in realtà sono due, il grande e piccolo Ararat (in armeno il Masi e il Sis), ma la Bibbia potrebbe solo indicare la zona.  

– Il Grande e il Piccolo Ararat

Esploratori di ogni epoca sono andati alla ricerca del relitto e di alcuni di loro ne sono giunte le testimonianze. Beroso il Caldeo sacerdote, astronomo e storico babilonese, nel 275 a.C. ha scritto circa le abitudini dei pellegrini che scalavano l’Ararat per ‘grattare via la pece dalle pareti dell’Arca per farne amuleti,’ e descrive l’Arca visibile sul Monte Ararat. Lo stesso racconta Flavio Giuseppe, storico ebreo del primo secolo, nel suo libro “La storia dei giudei”. La tradizione vuole che l’imperatore bizantino Eraclio abbia tentato il viaggio nel VII secolo. Tra le testimonianze più celebri c’è quella di Marco Polo riportata nel suo racconto “Il Milione” del 1299, dove narra che all’epoca c’erano moltissime visite all’arca. Molti di questi pellegrinaggi sono stati più recentemente sostituiti da viaggi di esploratori e da spedizioni scientifiche.   

– Il Diluvio Universale. Michelangelo Buonarroti. Cappella Sistina

Ma è esistito davvero il Diluvio Universale? Quello che in passato veniva accettato come un fatto storico poi, per mancanza di evidenze scientifiche, passò ad essere considerato un racconto o un mito. Ma adesso entra di nuovo in gioco la storicità del fatto: forse non fu esattamente un diluvio, ma potrebbe essere stato un disastro naturale, a livello locale o mondiale.

Ecco le teorie principali: lo scioglimento del ghiacciaio Laurentide nel nono millennio a.C. con aumento del livello del Mar Nero con conseguente grande inondazione;  una grande esondazione del Tigri e dell’Eufrate che annegò tutto il mondo conosciuto; grandi caverne sotterranee collegate e piene d’acqua fortemente compresse sotto uno spessore di 10 miglia dalla crosta terrestre che eruppero improvvisamente provocando una reazione a catena ed eruzioni similari in molti altri punti del mondo, inondando la terra dal basso verso l’alto (teoria delle idroplacche); scioglimento di una glaciazione intorno al 9.500 che provocò un maremoto a scala mondiale, che tutte le culture avrebbero chiamato ‘diluvio’.

Non a caso il Diluvio Universale ha dei parallelismi in altre culture. Più di 200 miti ci parlano di un diluvio o di grandi catastrofi, alcuni anteriori e altri posteriori al nostro diluvio, provocati da divinità per punire l’iniquità degli uomini. Ma fu nell’epopea di Gilgamesh (secondo-terzo millennio a.C.) dove si parla per la prima volta di un diluvio.

– Tavoletta di argilla con scrittura cuneiforme dove viene descritto il Diluvio Universale, trovata nella bibliteca del palazzo di Ninive. British Museum, Londra

La scoperta nel 1844 dei ruderi del palazzo di Ninive, capitale dell’Assiria, porta con sé il ritrovamento di migliaia di tavolette d’argilla scritte con scrittura cuneiforme. Nel 1872 vengono decifrate e una di queste narra la storia del Diluvio. L’arca descritta era di forma circolare, come un coracle molto grande, della quale vengono riportate anche le misure. A poco a poco tutte le tavolette sono decifrate e così è stato possibile ricostruire l’epopea di Gilgamesh, il poema più antico del mondo, di mille anni anteriore all’Iliade, contenuta in dodici di queste tavolette.

Gilgamesh era re della città sumera di Uruk, in Mesopotamia, intorno al 2.750 a.C.,  il quale, dopo aver perso il suo grande amico Enkidu va in cerca di un rimedio contro la morte. Ricorre al saggio Utpanishtim, che gli racconta che gli dei lo salvarono dal diluvio universale, insieme a sua moglie, e gli concessero l’immortalità. E per questo motivo non poteva essere concessa di nuovo.

– Utpanishtim sull’Arca. Una delle tavolette dell’Epopea di Gilgamesh

Il Diluvio è presente, in un modo o nell’altro, nella storia di tutte le civilizzazioni. Questo è il motivo principale che porta a dedurre che non si tratta solo di un racconto letterario ma anche di un resoconto di un qualche fenomeno naturale. Citeremo solo alcuni di questi racconti.

Vaivasvata Manu è per gli indiani il progenitore della razza umana. È avvisato da un pesce che l’umanità sarà distrutta da un diluvio e quindi deve costruire un’arca per salvare sé stesso e la sua famiglia. Nella letteratura greco-romana Deucalione e sua moglie Pirra emulano Noè e si salvano dal diluvio. Ricevono poi l’ordine da Zeus di ripopolare la terra lanciando pietre indietro che diventano uomini e donne. Nella mitologia incaica si racconta che il dio Huiracocha inonda la Terra per distruggere una razza di giganti. Nel continente americano una leggenda degli indios Mapuche racconta di come un uomo, la moglie e i figli sopravvivono a un diluvio mentre il resto degli uomini si trasformano in pesci.

– Vaisvasvata Manu e Saptarishi. Miniatura del 1890

E adesso veniamo ai punti salienti degli ultimi due secoli che riguardano la possibile scoperta dell’Arca.

Nel 1840, l’ultima eruzione dell’Ararat causa un gigantesco terremoto creando una grande crepa in un burrone che provoca lo spostamento di un ghiacciaio facendo sì che la ‘possibile’ arca scompaia nel ghiaccio.  

Nel 1876 l’avvocato e politico britannico James Bryce sale sul monte Ararat e afferma di aver trovato un pezzo di legno lavorato, lungo circa 1,20 m. dello spessore di 20 cm, che aveva tutti i requisiti per essere una parte dell’arca.

Nel 1916, Vladimir Rosskowizky, un esploratore russo, assicura di aver trovato, a 4.000 m di altitudine sul Monte Ararat, un’imbarcazione seminterrata sotto il ghiaccio. Lo zar Nicola II invia quindi una spedizione che conferma che la scoperta corrisponde all’Arca. Si prendono campioni e foto che furono considerati prove definitive. La Rivoluzione Sovietica pone fine al regime zarista e le prove scompaiono per sempre.

Nonostante la salita sul Monte Ararat abbia bisogno di un permesso speciale, dovuto soprattutto al fatto che la maggior parte del tempo è ghiacciato (ma anche, in alcuni periodi, per la situazione geopolitica), questo non ha scoraggiato, dopo la Seconda Guerra Mondiale, molti esploratori e spedizioni.

– Prima foto aerea del l’Anomalia dell’Ararat’

Nel 1949 un aereo spia della Forza Aerea degli Stati Uniti, mentre fa una mappatura della zona dell’Ararat, fotografa una struttura a 4.650 m, nel sito archeologico di Durupinar, a 29 Km dal Monte Ararat, quella che poi sarà chiamata “l’Anomalia dell’Ararat”. Ma la foto non fu divulgata perché ritenuta segreta, come molte altre prese posteriormente in altre occasioni, nei decenni successivi, sia da un aereo che da un satellite.

Nel 1955, Fernand Navarra, un alpinista francese, tira fuori dal fondo di un crepaccio profondo ventiquattro metri un pezzo di legno lavorato. Cosciente che le autorità non gli avrebbero permesso di portarselo via lo fa a pezzi e lo porta via di nascosto. I pezzi sono esaminati da varie università ma non si è potuto stabilire che appartenessero all’arca, nonostante la loro antichità.  

– Formazione geologica a forma di barca. Sito archeologico di Durupinar

Nel 1965 un aviatore turco fotografa quello che si credeva fosse l’impronta di un’imbarcazione fra due campi di ghiaccio sull’Ararat. Quest’ ‘impronta’, è uguale a quella già fotografata dal satellite, chiamata ‘l’Anomalia dell’Ararat’, che ancora non era stata pubblicata. Si tratta di una formazione geologica inusuale a forma di foglia o barca, le cui misure son abbastanza simili a quelle descritte nella Bibbia1.

del 1974, due gruppi vanno sul monte Ararat per filmare dei documentari sulle ricerche dell’arca. Entrambi i gruppi asseriscono di avere visitato il luogo dove Fernand Navarra trovò il legno, ma non trovano nulla che possa provare in modo conclusivo la presenza dell’arca di Noè.

A questo riguardo è interessante sottolineare la notevole mancanza di fiducia e cooperazione tra i gruppi partecipanti alle ricerche. Navarra racconta che, quando il suo gruppo tornava dall’Ararat con il legno reputato di provenienza dell’arca, incontrarono altri due gruppi diretti al monte. Navarra racconta che il suo gruppo non rese gli altri partecipi della propria scoperta. Era evidente lo spirito di rivalità.

– Ron Wyatt a Durupinar

Nel 1977 Ron Wyatt2, vede una foto del sito di Durupinar e decide di fare una spedizione che sarà ripetuta nel 1985 insieme a David Fasold (ex ufficiale della Marina Mercantile americana) e al geofisico Baumgardne. Con l’aiuto di un radar rilevano una grande struttura sotterranea a forma di barca e credono di aver trovato l’arca pietrificata oltre ad una trave di legno coperta di resina e bitume, anch’essa pietrificata. Trovano dei peli di color rosso ed escrementi di animali. E anche delle grosse pietre, che poi chiamò ‘ancore’3 , che sarebbero servite a mantenere ferma l’arca. Le misure della struttura coincidono con quelle dell’arca della Bibbia.  

– Teoria delle ancore di David Fasold
– David Fasold con una pietra-ancora

Nel 1995 vengono finalmente pubblicate le foto de “l’Anomalia dell’Ararat” e questo ravviva la febbre dell’arca.

Nel 2010, dei ricercatori evangelici cinesi e turchi assicurano di aver trovato una parte importante dell’imbarcazione, a cui l’esame del carbonio 14 le avrebbe assegnato un’antichità di 4.800 anni. Però presto venne dimostrato che se trattava di un montaggio fraudolento.   

Nel 2022-23 una spedizione di scienziati di università turche e americane assicurarono di aver trovato i resti dell’Arca di Noè a Durupinar. Analizzano circa 30 campioni di roccia e terreno trovati in una concrezione della grande struttura a forma di nave, e i risultati rivelano che hanno circa 5.000 anni di antichità. Trovano anche segni di attività umana fra il 5.500 ed il 3.000 a.C. Però mancano ulteriori studi per avallare quest’ipotesi.

Non solo, ma è stato ultimamente accertato che la formazione di Durupinar è una roccia del tutto naturale, e che la sua forma, che fa pensare ad un’imbarcazione, è del tutto casuale. Questo non toglie che è evidente che una sorta di diluvio o catastrofe naturale deve essere avvenuta, ma gli scienziati non sono ancora d’accordo su quale esattamente, e come. Mentre alcuni sostengono la possibilità di un’inondazione su larga scala, altri puntano a eventi più localizzati.

Quindi, fino a quando non ci saranno evidenze inconfutabili, le supposte prove che ‘dimostrano’ il ritrovamento dell’Arca di Noè non hanno per il momento valore scientifico.

Nonostante ciò, la passione e la curiosità degli studiosi non si sono affievolite, spinti dalla speranza di scoprire il gran tesoro nascosto.

– Centro visitatori nel Parco Nazionale dell’ Arca di Noè, che include il sito di Durupinar. Si trova sulle colline a est della città di Dogubabyazit

A questo punto sembra chiara l’unica verità emersa finora: nel villaggio di Dogubabyazit, ai piedi del monte Ararat, una generazione di pastori, guide montane, lavoratori e politici si sta arricchendo con gruppi di scienziati, scalatori o pellegrini alla ricerca di una prova tangibile della famosa imbarcazione.

—

1.- La Bibbia indica quale erano se misure dell’Arca: 300 cubiti di Lunghezza = 150 metri, 50 cubiti di larghezza = 25 metri e 30 cubiti di altezza = 15 metri.

2.- Wyatt, di religione avventista, lasciò la sua professione di infermiere-anestesista per dedicarsi all’archeologia biblica. Fu un “archeologo dilettante” che dedicò gran parte della sua vita a questa sua passione. Si dice che fra le decine di oggetti o siti da lui scoperti, ci sia anche l’Arca dell’Alleanza.

3.- Sono pietre a forma oblunga che Wyatt mise in piedi, come se fossero monoliti. Fasold ipotizzò che fossero ancore o pesi usati per stabilizzare l’arca mentre galleggiava, fra l’altro perché presentano dei fori nella parte superiore che potrebbero essere serviti per far passare una corda, essendo tipiche nelle imbarcazioni antiche.

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