Fin da tempi immemorabili le comunità umane hanno sacralizzato i loro personaggi esemplari. Renderli immortali per mantenere imperituro il loro esempio che serva da guida alla società e a tutte le generazioni future è il proposito di queste comunità. In questo contesto il ruolo della società è fondamentale. Non esiste né martire né eroe se la società non lo ricorda.
Però il primo requisito per salvare queste persone dalla morte nella memoria collettiva è proprio la morte stessa, perché dopo la morte inizia la loro vita eterna. La morte fa diventare immortale un essere mortale, che così sarà ricordato e vivrà per sempre.
E per mantenere vivo il ricordo è necessario creare il culto, la cui evoluzione determinerà un’identità comunitaria, e un luogo di culto. Un luogo specifico preparato ad hoc che, nel caso dell’eroe greco era chiamato heroon e per il martire cristiano martyrium. Per i molti punti in comune, esiste un consenso quasi unanime nel considerare il culto dei martiri cristiani l’erede del culto degli eroi greci, nonostante le differenze nella loro evoluzione e motivazione.
Quello che distingue sia l’eroe greco che il martire cristiano dal resto dei coetanei è il loro modo di affrontare la morte, anche se non è uguale nei due casi: per il primo era intesa come una forma di proiezione sociale mentre per il secondo il mezzo di ottenere la vita eterna.
Dobbiamo in gran parte all’archeologia l’avanzamento che c’è stato nello studio di ambedue i casi: la archeologia del mondo classico e quella del mondo cristiano. Per lo studio del fenomeno eroico sono stati fondamentali i testi di Omero. Proprio per questo viene anche chiamata ‘archeologia omerica’ che comprende basicamente le scoperte dei grandi archeologi H. Schliemann1 e C. Blegen2, coadiuvate dagli studi di M. Parry e M. Ventris. Nell’archeologia cristiana una fonte inesauribile sono state le catacombe, il cui studio ricevette un ulteriore impulso con la creazione nel 1852 della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e dell’lstituto Pontificio di Archeologia Cristiana nel 1952, riprendendo gli sudi realizzati da Antonio Bosio e Giovan Battista De Rossi.
Anche le reliquie hanno un particolare protagonismo sia nel culto degli eroi che in quello dei martiri. Racconta Omero come Achille dispone di raccogliere le ossa calcinate del suo caro amico Patroclo, ucciso dal troiano Ettore, per poterle conservare in un’urna che accoglierà, come richiesto dallo spirito di Patroclo, anche le sue quando verrà il momento e di far costruire un tumulo dove sarà depositata l’urna. Il potere dell’eroe risiedeva nelle sue ossa e per questo era importante che fossero messe al sicuro per evitare furti. E se la presenza dei resti era la situazione ottimale, il potere evocatore dell’eroe era così grande che poteva funzionare anche in caso di assenza di questi, come nel caso di un cenotafio. Però anche gli oggetti appartenuti all’eroe erano oggetto di culto: la lancia, lo scudo, strumenti musicali, vestiti … e qualsiasi altra cosa, una prassi questa che ritroviamo identica nel culto dei martiri e dei santi cristiani.
L’opera il ‘Martirio di Policarpo’ dell’anno 156, racconta dettagliatamente il martirio del vescovo di Smirne, Policarpo, ed è la prima di questo genere letterario. In essa si legge che i suoi discepoli raccolsero le sue ossa e le depositarono in un luogo adeguato dove potersi riunire per celebrare l’anniversario della sua ‘nascita’, il ‘Dies natalis’, che è così come viene chiamata la data del martirio che equivale alla nascita alla vita eterna. Con l’andare del tempo le reliquie acquisirono un maggior protagonismo perché si credeva che potevano trasmettere l’essenza del santo o addirittura fare miracoli.
Nel caso degli eroi greci non si concepiva lo smembramento dei corpi come nel caso dei martiri e santi cristiani, i cui corpi vennero smembrati in molti pezzi, esibiti e venerati come reliquie in diversi luoghi del mondo cristiano.
Il termine héros designa una persona straordinaria, nobile guerriero difensore della patria, al di sopra dei comuni mortali, un semidio, ma che muore come gli umani. L’ideale eroico passa di generazione in generazione gettando le basi dell’educazione greca. L’eroe personificava gli ideali e la condotta di vita dei cittadini. Assumeva una funzione vitale per il benessere della comunità grazie al culto che gli è reso nel luogo dove erano sepolte le sue reliquie e da cui egli protegge la città contro i nemici, i saccheggi, le carestie, le epidemie e i conflitti di ogni sorta.
L’archeologia, mediante la scoperta dei luoghi di culti di alcuni famosi eroi greci, ha permesso di datare l’origine di questo culto intorno all’VIII secolo a.C., che corrisponde più o meno alla nascita delle polis, le città-stato, e si protrasse fino all’epoca ellenistica e la conquista romana (I secolo a.C.). Questi luoghi, oltre alla tomba, potevano avere una statua, una stele o altro che ricordasse l’eroe. Da semplici monumenti iniziali divennero poco a poco dei grandi spazi, veri e propri edifici porticati e circondati da un recinto, dove venivano offerti dei tributi e dei sacrifici, generalmente di animali e la posteriore celebrazione di un banchetto. Alcuni ricevevano tributi straordinari e in loro onore venivano celebrate feste pubbliche, con processioni, attività agonistiche, equestri e ginniche, simili a quelle destinate agli dèi.
Il termine ‘martire’ cominciò ad essere utilizzato nella Grecia classica con il significato di ‘testimone’: così erano chiamati coloro che testificavano in un tribunale. Nella primitiva letteratura cristiana e nel Nuovo Testamento ‘martiri’ erano coloro che avevano assistito alla morte e resurrezione di Gesù Cristo, quindi dando al termine un significato di ‘osservatore’. Però a partire dal II secolo, il termine ‘martire’ designerà una persona disposta a dar la vita per la fede cristiana che, così facendo partecipava delle sofferenze di Gesù nella sua passione e morte. Le spoglie del martire venivano poi traslate a un ‘martyrium’ che inizialmente era una tomba semplice. Queste tombe poco a poco divennero degli edifici religiosi nei quali era possibile venerare il martire attraverso la celebrazione di riti da parte di tutta la comunità, che generalmente terminavano con l’eucarestia.
Quindi, potremmo dire che i martiri cristiani sarebbero stati gli ‘eroi’ della fede del nuovo nascente ‘popolo cristiano’. Anche loro diventarono ben presto gli esempi da seguire. Però all’aura divina che pervade l’eroe greco il martire cristiano contrappone quella della santità, e non sarà mai considerato un dio o di natura divina. Inoltre, il martire non ha una morte eroica, nel senso che soffre la persecuzione e una morte aggressiva, però dimostrando un comportamento eroico nel sopportare i peggiori tormenti. L’eroe cerca una morte spettacolare per lasciare un ricordo perpetuo del suo comportamento esemplare nella memoria collettiva e non cerca un’altra vita oltre quella terrena, perché l’Olimpo è riservato soli agli dei. Il martire affronta la morte per convinzione religiosa, sapendo che se muore per la sua fede otterrà la vita eterna e la resurrezione promessa dal suo Messia.
Sia il culto dei martiri che degli eroi furono influenzati dal contesto storico sociale e politico. Con l’andare del tempo la società man mano ha creato altri eroi ed altri martiri. Tutti rispondono a una stessa necessità, che è quella di offrire esempi a cui ispirarsi, che trasmettano valori compatibili con il nostro stile di vita e con i nostri problemi. E non è difficile trovarli: basta guardarsi intorno.
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1.- Conosciuto soprattutto per la scoperta della città di Troia nel 1864 – 2.- E’ famoso per la scoperta del sito di Pilo e gli scavi presso Troia negli anni 30 del secolo scorso.
Per saperne di più:
P. Brown. The cult of the saints. Chicago 1981; M.T. Fumagalli Beonio Brocchieri, G. Guidorizzi. Corpi gloriosi. Eroi greci e santi cristiani. Bari 2012; P. Santyves. I santi successori degli dei. L’origine pagana del culto dei santi (I testimoni della fede), Roma 2016