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Le catacombe (4): Il culto dei martiri

10 domenica Ago 2025

Posted by Nicoletta De Matthaeis in Arte, Pellegrinaggi, Storia

≈ 8 commenti

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catacombe, Cripta dei papi, culto dei martiri, martiri, Papa Damaso, Pasquale I, Santa Cecilia, Stefano Maderno

– Jules Eugene Lenepveu – I martiri nelle catacombe 1855 – Museo del Louvre

Inizialmente le catacombe furono utilizzate come cimiteri. Poi, a partire dalla liberalizzazione del culto, dopo l’Editto di Costantino dell’anno 313, e soprattutto a partire dalla metà del V secolo, diventarono fondamentalmente luoghi di culto e santuari dove pregare sulle tombe dei martiri.

Ma da dove viene la parola martire? Viene dal latino martyr-y̆ris e a sua volta dal greco μάρτυς-υρος, che significa “testimone”, colui che aveva reso testimonianza della vita e resurrezione di Cristo fino al sacrificio della vita.

Il culto dei martiri nell’epoca paleocristiana rappresentò un elemento centrale nello sviluppo della spiritualità, della liturgia e dell’identità collettiva delle prime comunità cristiane, specialmente durante e dopo le persecuzioni dell’Impero romano.

– Banchetto liturgico fra cristiani. III secolo – Catacombe di San Callisto, Roma

A partire dal XVII secolo, quando furono riscoperti questi cimiteri sotterranei, l’archeologia cristiana, da Antonio Bosio in poi, non solo ricostruì la loro storia ma anche il loro significato, la simobología, l’iconografia, le tecniche costruttive, arrivando così a distinguere i vari tipi di tombe, la loro cronologia, gli spazi destinati alle differenti attività, etc. Ma una cosa era importantissima: era essenziale distinguere le tombe dei martiri, perché furono quelle che diedero un senso alle continuità delle catacombe, facendole diventare una sorta di santuario che attraeva migliaia di pellegrini.

Come riconoscere una sepoltura di un martire? Evidentemente era necessario qualche segno speciale, quando non era presente il titolo solenne di ‘Martyr’. Simboli come una palma, che contraddistingue un martire nell’iconografia cristiana, o la presenza di ampolle nel sepolcro1, non sempre sono segni inequivoci di trovarsi in presenza della tomba di un martire. All’epoca la palma poteva essere usata anche nei culti pagani o per i cristiani essere un segno della vittoria sul mondo delle passioni, e le ampolle con il sangue venivano piuttosto conservate in un luogo sicuro e considerate reliquie da venerare. Le ampolline trovate e ritenute per secoli erroneamente il sangue de martiri erano, generalmente, unguentari e balsamari che servivano per profumare e decorare  la tomba. Quanto al monogramma di Cristo, ☧, questo simbolo è stato raramente usato prima di Costantino, diventando comune dopo l’Editto di Milano del 313.

– Gesù Cristo affiancato da San PIetro e San Paolo. In basso, alcuni martiri, fra cui Marcellino e Pietro, che affiancano l’agnello, simbolo del sacrificio. IV secolo – Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, Roma

Indizi molto più sicuri sono invece la loro disposizione all’interno delle catacombe, fatta ad hoc per facilitare il culto. Oltre alla presenza di resti, sono le tracce di oratori, di basiliche, di lucernari, o di scale di accesso in vicinaza delle cripte, cha favorivano l’accesso ai pellegrini a ai devoti. Quindi i numerosissimi graffiti lasciati da questi, con informazioni preziose o le pitture che decorano gli arcosoli e le cappelle. Quelle delle sepolture normali sono generalmente anteriori al V secolo, mentre quelle delle sepolture dei martiri continuarono ad essere decorate anche dopo. Un ulteriore aiuto a rintracciare queste tombe lo forniscono antichi documenti, come martirologi o gli itinerari dei pellegrini compilati nel VII secolo.

– Cripta dei papi – Catacombe di San Callisto, Roma

Una volta che la Chiesa divenne proprietaraia delle catacombe, Papa Damaso (fine IV secolo) fece fare un’accurata ricerca e identificazione di queste tombe che poi furono restaurate, abbellite e adornate con inscrizioni recanti splendidi panegirici. Si arricchirono di sculture, mausolei e preziosi affreschi. Le pitture, i mosaici, i rilievi dei sarcofagi, le arti minori rievocano sempre storie bibliche, altre presentano i volti dei primi santi e martiri. Si costruirono nuove scale per facilitare l’ingresso di un sempre maggiore afflusso di visitatori. A volte vennero anche erette delle vere e proprie basiliche sotterranee, sconvolgendo interi settori delle catacombe. Nel III secolo molti papi vennero sepolti nelle catacombe di San Callisto. La fama delle tombe dei papi2 e dei martiri si era estesa a tal punto (specie nell’Europa settentrionale) che le catacombe divennero meta di veri e propri pellegrinaggi di massa.

– Catacombe di San Gennaro, Napoli – Livello inferiore

Inoltre, i cristiani facevano il possibile per collocare le tombe dei loro morti il più vicino possibile a quelle dei martiri. Ma questi luoghi privilegiati erano molto difficili da ottenersi, così spesso si scavarono piccole cappelle vicino o dietro queste tombe. E così poco a poco si crearono reti densissime, spesso con più piani di gallerie sovrapposte, che accerchiavano le tombe dei martiri.

Una volta liberalizzato il culto si poterono stabilire più liberamente cimiteri a cielo aperto. Nonostante ciò si continuarono a scavare gallerie sotterranee fino al principio del secolo V, per rispondere alla volontà dei sempre più numerosi credenti, compresi quelli della classe dirigente, di essere sepolti vicino ai martiri, soprattutto quelli piú famosi. Questo segnò una svolta importante nello sviluppo delle catacombe, perché fu quando vennero realizzate le sepolture più ricche e piú spettacolari. Si tratta in particolare dei cubicula, riccamente adornati.  

– Cripta di Veneranda. Veneranda è accompagnata dalla martire Petronilla. Catacombe di Santa Domitilla, Roma, IV secolo

Fra i martiri più famosi ricorderemo Santa Cecilia, di nobile famiglia romana martirizzata nel III secolo e patrona della musica.3 Fu sepolta nelle catacombe di San Callisto di Roma, dove fu venerata per almeno cinque secoli nella cripta che reca il suo nome. Nell’821 i suoi resti furono traslati alla basilica a lei dedicata in Trastevere, nella quale, davanti all’altare maggiore, possiamo ammirare una splendida scultura di Stefano Maderno, del 1599, una copia della quale è anche nelle catacombe di San Callisto, nella cripta dedicata alla santa.

– Santa Cecilia dopo il suo martirio. Dopo il fallito tentativo di ucciderla per asfissia, la martire è stata decapitata, come risulta dal segno sulla nuca. Stefano Maderno. 1599. Basicila di Santa Cecilia, Roma
– Basilica di Santa Cecilia, Roma. Statua di Santa Cecilia visibile davanti all’altare maggiore

A partire dal VII secolo cominciarono le traslazioni dei corpi dei martiri dalle catacombe, che generalmente si trovavano fuori le mura di Roma, a Chiese o cripte entro le mura. Queste traslazioni divennero sempre più frequenti nell’VIII e IX secolo, fino ad arrivare a una traslazione ‘di massa’: 2.300 corpi, ordinata dal papa Pasquale I, nell’827, per evitare la possibile profanazione di queste tombe da parte dei barbari che minacciavano di assaltare Roma, come già fece Astolfo, re dei Longobardi, con Pavia. Possiamo dire che da questo momento in poi le catacombe non furono piú luoghi di culto e poco a poco furono abbandonate.

Nonostante ciò, il culto dei martiri nell’epoca paleocristiana fu fondamentale per la formazione della teologia cristiana, delle pratiche liturgiche e dell’identità comunitaria, lasciando un’impronta duratura nella storia della Chiesa.

——

1.- Il sangue dei martiri veniva raccolto dopo la loro morte

2.- Nelle catacombe di San Callisto (Roma) furono sepolti ben sedici papi, nel III secolo e  tutti nel chiamato Criptoportico di San Callisto, noto anche come Cripta dei Papi, situato nella cosiddetta regione dei papi e di Santa Cecilia.

3.- Cecilia fu condannata a morire asfissiata nel bagno di casa sua dovendo respirare i vapori e le emanazioni dello stesso ad alta temperatura. Però il tentativo fallisce e Cecilia rimane illesa. Quindi il prefetto decide di farla decapitare. Diventò la santa protettrice della musica per un errore di traduzione, o di trascrizione, di un brano contenuto negli Atti di Santa Cecilia: ‘Venit dies in quo thalamus collacatus est, et, canentibus [cantantibus] organis, illa [Cecilia virgo] in corde suo soli Domino decantabat [dicens]: Fiat Domine cor meum et corpus meus inmaculatum ut non confundar’. La traduzione sarebbe: ‘Venne il giorno in cui si celebrò il matrimonio e, mentre suonavano gli strumenti musicali, lei (la vergine Cecilia) nel suo cuore cantava al suo unico Signore (dicendo): Signore, il mio cuore ed il mio corpo siano immacolati affinché io non sia confusa’. ‘Organis’, che significa ‘strumenti musicali’ fu tradotto come ‘organo’, quindi diventò: ‘Cecilia cantava acompagnata da un organo’. Vediamo dal secolo XV in poi varie rappresentazioni di Cecilia con un piccolo organo portatile o altri strumenti. Però le confusioni non sono finite: in un errore di trascrizione la parola ‘canentibus’ (sinonimo di cantantibus) era originariamente ‘candentibus’, ossia bollenti. Non dimentichiamo quale fu il primo tentativo di martirio inferto alla santa, quindi i ‘candentibus organis’ sono gli strumenti di tortura, i tubi bollenti: ‘Cecilia, fra gli strumenti di tortura cantava al signore…’ dovendo intendersi come ‘thalamus’ non il banchetto di nozze, ma il momento del martirio. (da N.de Matthaeis, Andar per Miracoli, Napoli 2013

—–

Leggi anche: Le catacombe: Origine, sviluppo e declino, Le catacombe: morfologia, Le catacombe: iconografia ed epigrafia; Le catacombe di Roma; Le catacombe d’Italia; Le catacombe nel mondo

Prossimo articolo: Le catacombe del mondo

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