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Angelo Maria Bandini, Anton Francesco Gori, Basilica di Santa Croce, Copernico, Eppur si muove, Galileo Galilei, Gian Gastone de’ Medici, Museo di Storia e Scienza di Firenze, Museo Galileo, Reliquie, Teoria eliocentrica, Vincenzo Capponi, Vincenzo Viviani
L’8 gennaio 1642 morì uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, dopo essere stato costretto nel 1633 dinanzi al Tribunale del Santo Uffizio, e per sfuggire al carcere, a rinnegare che la Terra e i pianeti girano intorno al sole, abiurando così la teoria eliocentrica già formulata da Copernico.
Il suo sepolcro monumentale è all’interno della Basilica di Santa Croce di Firenze, luogo che alberga le sepolture di molti famosi personaggi della cultura e dell’arte. Ma non fu così fin dall’inizio. Galileo lasciò scritto nel suo testamento il suo espresso desiderio di essere sepolto in questo luogo e questa era anche la volontà del Gran Duca di Toscana. Ma per la forte opposizione e intransigenza della Chiesa che ancora lo considerava un eretico, fu sepolto, sì, in Santa Croce, ma in uno stanzino di fianco alla cappella dei Novizi della stessa basilica. Vincenzo Viviani, il suo discepolo prediletto, spese tutti i suoi averi, tutta la sua scienza e il resto della sua vita a far conoscere e perpetuare le opere del maestro e per fargli costruire un mausoleo degno. Questo fu finalmente inaugurato nel 1737, data nella quale la Chiesa finalmente acconsentì, anche se con riluttanza, a far spostare i resti del genio dallo stanzino, dove ancora si trovavano, al nuovo sepolcro. Ma non fu un gesto di riconciliazione tra Chiesa e Stato, o fra Curia e Scienza, come vedremo dopo. Nel nuovo sepolcro furono traslati anche i resti del Viviani, che purtroppo morì nel 1703 senza poter aver visto compiersi il frutto del suo incessante operato.
La cerimonia si svolse alla presenza di molti importanti esponenti della società dell’epoca ma con la totale assenza di rappresentanti della Chiesa che, ancora quasi un secolo dopo la sua morte, continuava a considerare le teorie di Galileo una minaccia all’ordine prestabilito.
Però quando fu aperta la bara per la ricognizione del cadavere, successe una cosa strana: alcuni uomini illustri ivi presenti, ossia Anton Francesco Gori, antiquario fiorentino, Vincenzo Capponi, marchese e Provveditore dell’Accademia Fiorentina, e Antonio Cocchi, medico, letterato e primo Massone della Toscana, “asportarono” dal corpo di Galileo, con l’aiuto di un coltellino, tre dita della mano destra, pollice, indice e medio, la quinta vertebra lombare e un dente, con lo scopo di tenerli per sé.
Questa fu la dimostrazione di quanto fosse apprezzato e stimato Galileo negli ambienti culturali dell’epoca, tanto che a poco meno di un secolo dalla sua morte era già diventato un mito, un “mostro sacro” della scienza e per conseguenza le sue “reliquie” erano considerate di un gran valore simbolico.
Il dito medio, sottratto da Gori, passò verso il 1760 a Angelo Maria Bandini, che lo fece esporre nella biblioteca Laurenziana di cui era direttore. Nel 1841 fu trasferito nella Tribuna di Galileo presso il Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze e infine, nel 1927, nel Museo di Storia della Scienza, dove si trova attualmente.

La vertebra presa dal Dottor Cocchi arrivò nel 1823 all’Università di Padova, dove Galileo aveva insegnato per vent’anni, e dov’è tuttora esposta. Il pollice, indice e dente, presi dal marchese Capponi passarono per diverse mani fino a che nel 1905 se ne persero le tracce. Furono fortuitamente ritrovati nel 2009 in un asta pubblica. Venne messo in vendita uno strano reliquiario di legno sormontato da un busto in miniatura, anch’esso di legno, che conteneva un’ampolla di vetro con due dita e un dente. Il compratore, un collezionista fiorentino, si rese conto della rassomiglianza del piccolo busto con Galileo e sospettò di cosa si potesse trattare. Una volta comprato, si mise in contatto con la Sovrintendenza al Patrimonio Storico, che dopo molti studi accertò che si trattava dei resti perduti di Galileo. Ora sono esposti insieme al dito medio e al resto dei cimeli di Galileo nel Museo di Storia e Scienza di Firenze, ribattezzato nel 2010 con il nome di Museo Galileo, in una sala a lui dedicata, la Sala VII, chiamata “Il nuovo mondo di Galileo”. Riporto qui di seguito il testo che descrive questa sala:
“La sala dedicata allo scienziato pisano è il cuore del Museo Galileo. Qui sono esposti gli unici due cannocchiali pervenutici, tra i tanti costruiti da Galileo; la lente obiettiva del cannocchiale con il quale, nel gennaio del 1610, lo scienziato osservò per la prima volta i satelliti di Giove; il compasso geometrico e militare che mise a punto negli anni padovani; esemplari di altri strumenti da lui ideati e modelli didattici per illustrare i risultati fondamentali acquisiti nelle sue ricerche di meccanica. Lungo l’asse centrale della sala si trova il busto di marmo scolpito da Carlo Marcellini su incarico di Cosimo III de’ Medici. Si osservano, inoltre, alcune reliquie del Galileo santo laico della scienza: il pollice, l’indice e il dito medio della mano destra, oltre a un dente, prelevati dalla salma di Galileo al momento della traslazione delle sue spoglie nel sepolcro monumentale di Santa Croce”.1
Però se Galileo poté avere una più degna sepoltura dopo quasi un secolo dalla sua morte fu dovuto soprattutto all’impegno dell’ultimo de’ Medici, Gian Gastone, consigliato da un gruppo di autorevoli intellettuali, deciso a limitare il potere e l’ingerenza della Chiesa attraverso la laicizzazione dello Stato. Questo fu anche grazie all’influenza della massoneria, arrivata in Toscana nel 1735, che diede impulso a una modernizzazione della cultura e della scienza mantenendo una netta posizione anticlericale. Quindi seppellire con tutti gli onori “l’eretico” Galileo significava mandare un chiaro messaggio di autonomia dal potere della Chiesa da parte del potere dello Stato, oltre che a rendergli omaggio non solo per il suo gran contributo alla scienza ma anche per essere un simbolo e martire della libertà di pensiero. Come anche lo era il gesto, da parte degli eruditi, di appropriarsi di una pratica religiosa, quella della venerazione delle reliquie, conferendole nuovi significati e diversi valori.
Ma le vere reliquie di Galileo, i veri cimeli, sono gli strumenti creati da lui e le sue opere che parlano delle sue teorie e delle sue scoperte.
Galileo fu riabilitato dalla Chiesa solo Il 31 ottobre del 1992, quando Giovanni Paolo II annullò la condanna inflitta dal Sant’Uffizio allo scienziato, ossia dopo circa 360 anni da quando fu condannato “al silenzio”.
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1.- Nel Museo Virtuale di Galileo è possibile vedere tutti gli oggetti esposti della Sala VII, con spiegazioni e video.
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Leggi anche: A. Castronuovo. A indicare astri. Il dito di Galileo; in Ossa, cervelli, mummie e capelli. Macerata 2016
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È curioso che di Galileo siano state tratte reliquie nonostante non fosse un santo, anzi tutt’altro! Esistono altri casi di laici (e magari pure invisi alla Chiesa) che hanno subito (o goduto, a seconda dei punti di vista) analogo trattamento? Tema interessantissimo!
Sì, ce ne sono degli altri, come per esempio Cartesio. Il cranio ebbe tante peripizie che potrebbe essere stato oggetto di un libro giallo. Ti allego l’articolo che scrissi qualche anno fa https://reliquiosamente.com/2017/07/10/lenigma-del-cranio-di-cartesio/#more-3649
Buona domenica
Grazie!