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In seguito alla predicazione di Guru Nanak, nel XVI secolo, nacque il Sikhismo nella città di Kartarpur Sahib, Punjab, India nord occidentale, e attualmente è diffuso in tutto il mondo con circa 28 milioni di fedeli, anche se la maggior parte risiede nel Punjab e nei paesi anglofoni. Gli insegnamenti del suo fondatore, come anche quelli dei nove Guru che successero al primo, sono contenuti nel Guru Granth Sahib1, il libro sacro della comunità.

Il decimo e ultimo di questi Guru, Guru Gobind Singh Ji prima di morire, nel 1708, decise che il Guru Granth Sahib doveva essere il suo successore, il prossimo Guru, e perciò da quel momento in poi il libro sacro dei Sikhs2 è considerato come una persona, un guru vivente, l’ultimo e imperituro.

Questo testo sacro si compone di 1.430 pagine che raccolgono non solo gli insegnamenti dei suoi dieci Guru, ma anche quelle di diversi santi di altre religioni, tra cui l’Induismo e l’Islam. Contiene circa 3.380 inni e più di 15.000 strofe. E’ scritto in hindi arcaico e la scrittura usata è un alfabeto speciale, detto Gurmukhi, istituito dal secondo Guru. La prima stesura del Guru Granth Sahib fu compilata nel 1604 dal quinto Guru, Arjan Dev, mentre la seconda e ultima versione fu opera di Guru Gobind Singh Ji e risale al 1705. Fu portato ad Amritsar nel Tempio d’Oro, nel Punjab, la capitale del Sikhismo e anche il principale centro di pellegrinaggio.  

Nei templi sikhisti (Gurdwara), nella parte più importante della sala di preghiera (Darbar Sahib) c’è una piattaforma (manji), una sorta di leggio, coperta da un baldacchino, decorato con materiali preziosi, dove viene adagiato il libro, avvolto da un tessuto prezioso, e di notte viene deposto cerimoniosamente in un repositorio ricoperto di speciali tessuti decorati. I fedeli quando entrano nella sala si inginocchiano o si inchinano davanti al Guru Granth Sahib, coprono le loro teste e tolgono le scarpe in sua presenza. Mentre si legge il libro si ondeggia su di esso la sacra piuma (Chauri), una sorta di ventaglio fatto di peli di cavallo bianco o yak inseriti in un manico di lana o argento.

Il Chauri viene agitato sul libro sacro durante la lettura per evitare che sul libro si posino insetti o polvere

L’installazione e il trasporto di Guru Granth Sahib sono regolati da rigorose norme. In circostanze ideali, sono necessari cinque Sikh battezzati per trasferire il Guru Granth Sahib da un luogo all’altro. In segno di rispetto, viene portato sulla testa e la persona cammina a piedi nudi. Ogni volta che un devoto lo vede passare si toglie le scarpe e si inchina. La piattaforma, o trono su cui siede il libro sacro viene venerato come simbolo sacro: davanti ad esso i fedeli depositano le loro offerte in denaro o cibo e ad esso non voltano mai le spalle.

Guru Nanak Dev Ji, fondatore del Sikhismo con i 9 guru suoi successori

Il Sikhismo nasce dal desiderio del suo fondatore di armonizzare le due religioni, l’Induismo e l’Islam, perché la zona del Punjab era teatro di terribili scontri fra gli indù locali e i musulmani invasori, dell’impero Moghul. Dall’Induismo trae la credenza della trasmigrazione delle anime (Samsara) e degli effetti delle azioni sulle vite successive (Karma). L’obiettivo ultimo è di interrompere il ciclo delle rinascite, tranne che la liberazione non è vista come un annullamento del sé, bensì come una congiunzione con Dio, che è Uno e indivisibile, come il Dio dei musulmani. Tale congiunzione si ottiene tramite la fede in Dio e il retto comportamento. E come i musulmani, i sikh credono che Dio abbia creato il mondo e che la Sua volontà governi ogni cosa. Un solo Dio, quindi, chiamato ‘Woheguru’, che significa “Gran Maestro”.

Il codice di condotta del sikhismo prescrive che è necessario vivere una vita morale, controllare i cinque vizi3, rendere servizio alla comunità e ai poveri, lavorare onestamente e condividere il guadagno, combattere quando è necessario con coraggio, astenersi dall’adorazione degli idoli e dalle pratiche superstiziose, ricordare il creatore in ogni momento4, seguire un regime alimentare totalmente vegano ed escludere il tabacco e l’alcol.  L’ “Amrit Sanchar”, una sorta di battesimo, è il rito che permette di entrare nella comunità dei credenti (Khalsa) quando una persona ritiene di aver raggiunto un’adeguata maturità spirituale. Non è indispensabile per essere Sikh, ma è considerato un segno di dedizione totale alla fede. La cerimonia è condotta da cinque Sikh battezzati. Fin dalla nascita, la desinenza “Singh” (leone) per gli uomini e il nominativo “Kaur” (principessa) per le donne indica l’appartenenza al popolo Sikh.

 

I segni fisici della fede son le chiamate 5 ‘k’.:

1) Kesh (capelli lunghi raccolti in un turbante, obbligatorio per gli uomini e talora usato anche dalle donne);

2 ) kangha (il pettine, segno di capelli raccolti in modo ordinato, a differenza della crescita «libera» e disordinata degli asceti induisti);

3) kara (un braccialetto di ferro, che rappresenta il controllo morale nelle azioni e il ricordo costante di Dio);

4) kachehera (mutande o pantaloncini corti);

5) kirpan (spada cerimoniale, di cui oggi si sottolinea che è un simbolo religioso di fortezza e lotta contro l’ingiustizia, non un’arma)

L’Harmandir Sahib, conosciuto anche come Tempio d’Oro, è il santuario più importante della religione Sikh (Amritsar, Punjab, India)

Tutti gli esseri umani sono uguali davanti a Dio, quindi non esiste il sistema delle caste. Esiste la parità assoluta fra donne ed uomini, anzi la donna è una figura fortemente rispettata per il suo ruolo nella famiglia e nella società. Essa può partecipare, praticare e officiare servizi religiosi. L’inesistenza del clero e ogni forma di ascetismo e mortificazione del corpo, del celibato e del culto delle immagini sono altre caratteristiche di questa religione così come la condivisione dei beni e giustificazione della ‘guerra santa’ intesa come strumento per combattere ingiustizie.

I numerosi santuari dei sikh sono chiamati ‘Gurdwara’, ossia ‘Tempio del Signore’, e sono aperti a tutti, indipendentemente dall’origine o religione.  L’unica restrizione riguarda il fatto che il visitatore non deve bere alcol, mangiare carne, fumare sigarette o assumere altre droghe mentre si trova nel santuario. In tutti i templi sikh esiste una zona dove vengono preparati e distribuiti i pasti per tutti quelli che ne hanno bisogno. E` il ‘Langar’, o mensa comunitaria. Una delle cerimonie fondamentali è quella della consumazione di un pasto comune come segno dell’adesione ad una vita di carità e di servizio. Ci si siede per terra come segno di uguaglianza. Ciascuno vi partecipa secondo le proprie capacità e riceve secondo i propri bisogni. E’ gratuito per tutti.

Il tempio per eccellenza è il santuario Harmandir Sahib ad Amritsar, nel Punjab, conosciuto anche come il ‘Tempio d’oro’ e risale al XVI secolo. Le sue cupole ed il soffitto a forma di loto rovesciato sono ricoperti di lamine d’oro. Nel ‘Langar’ di questo tempio si cucinano pasti per circa  100.000 persone al giorno. Centro politico e religioso, oltre che commerciale, il tempio fu da sempre teatro di innumerevoli conflitti. Fu occupato e profanato dagli Afgani nel 1756 e fu distrutto nel 1764. L’ultima profanazione è del 1984 quando l’esercito indiano lo ha danneggiato gravemente bombardandolo ed incendiandolo dovuto alle differenze fra il movimento separatista dei Sikh e il governo di New Dehli, che ebbe origine da quando nel 1947 si stabilì il confine fra India e Pakistan che tagliò il Punjab in due. Ripetuti episodi di violenza si successero fino alla metà degli anni 90 del secolo scorso.

Il simbolo più importante del Sikhismo è il ‘Khanda’, che rappresenta il potere creativo universale e prende il nome dalla spada a due tagli che è al centro, simbolo della Divina Conoscenza; il cerchio simboleggia l’infinito; le due spade all’esterno stanno per l’equilibrio spirituale e temporale dell’universo.

Su ogni tempio viene posta una bandiera gialla, la Nishan Sahib, con il disegno del ‘Khanda’.

1.- ‘Guru’ significa maestro, guida spirituale, ‘Granth’ libro, ‘Sahib’ è un titolo onorifico, signore

2.- ‘Sikh’ significa discepolo

3.- I cinque vizi sono: lussuria, rabbia, attaccamento, superbia e avidità

4.- Recitare quotidianamente e ripetutamente il Nome del Signore (Nam), anche attraverso il canto di inni, è un precetto di estrema importanza per il credente per raggiungere la liberazione.