Tag
Anime del Purgatorio, Anime Pezzentelle, Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, Chiesa Santa Maria della Anime del Purgatorio ad Arco, Museo delle Anime del Purgatorio, Pugatorio, Victor Jouët
Se non sei stato un gran peccatore, o se lo sei stato e ti sei pentito ma ancora ti rimane qualche peccatuccio hai ancora la possibilità di andare in Paradiso passando previamente dal Purgatorio che, come il suo stesso nome indica, serve per ‘purgare’ l’anima e lasciarla pura e leggera, pronta per presentarsi alla porta di San Pietro e così vivere eternamente al fianco di Nostro Signore.
Il concetto di Purgatorio, come terzo luogo dell’aldilà dove vengono mondati i peccati minori, è il risultato di una lenta e progressiva mutazione delle credenze medievali, che giunge a compimento intorno alla seconda metà del XII secolo, ma che in un certo modo vuole basarsi in alcuni passi biblici (Mt. 12, 32; 1 Cor. 3, 11-15) e alla consuetudine di pregare i morti per alleviarne la condizione e ridurre il tempo di permanenza (2 Mac. 12, 39-46). Ma fu certamente Dante Alighieri, nella sua Divina Commedia, che lo fece diventare famoso, dandogli anche una forma concreta: una montagna che emerge dal mare costituita da cornici concentriche.
La Chiesa Cattolica lo include nel suo Catechismo, formulando la dottrina della fede relativa al Purgatorio sancita soprattutto nei Concili di Firenze e di Trento.
Ma se sei scettico e hai bisogno di vedere per credere allora il Museo delle Anime del Purgatorio è il posto che fa per te. Si trova a Roma, sul Lungotevere Prati, in un locale adiacente alla chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, unica chiesa neogotica della capitale. Più frequentata da curiosi che da persone in cerca di risposte, questo piccolo museo nacque per iniziativa del padre Victor Jouët, missionario francese, che nel 1894 fece costruire una chiesa/oratorio1, su un terreno di sua proprietà, per farne la sede dell’Associazione del Sacro Cuore del Suffragio delle Anime del Purgatorio. Un giorno dell’anno 1897, nella cappella del Rosario si sviluppò un incendio che misteriosamente non solo risparmiò il quadro dell’altare ma tra le fiamme sarebbe apparso un volto sofferente che rimase impresso sulla parete. La foto di quest’immagine è visibile nel museo.
Credendo che fosse un’anima del purgatorio che supplicava aiuto e suffragio, il padre Jouët decise de ricercare ulteriori testimonianze di defunti e dei loro contatti con i congiunti vivi. E così fece un lungo viaggio per l’Europa e raccolse molto materiale: impronte straordinarie, foto, stoffe, tonache, breviari, testimonianze di apparizioni e manifestazioni di ogni tipo. Il materiale raccolto fu esposto nella sacrestia della chiesa per dimostrare che le anime del Purgatorio cercano di attirare l’attenzione dei vivi per chiedere loro preghiere e messe al fine di alleviare le loro sofferenze. Però la raccolta subì un drastico ridimensionamento nel 1921, alcuni anni dopo la morte del padre Jouët avvenuta nel 1912. Furono eliminati tutti i reperti non ritenuti assolutamente autentici.
La collezione esposta attualmente si compone di una ventina di oggetti diversi, tra i quali: un libro di preghiere con l’impronta di una mano su una pagina, la federa di un cuscino impressa a fuoco dall’anima di una suora morta di tisi nel 1894, una camicia da notte con impressa sulla manica la bruciatura di una mano, un berretto di un vedovo marchiato dall’anima di sua moglie e la fotocopia di una banconota da dieci lire in parte bruciata, che lo spirito di un sacerdote morto avrebbe lasciato insieme ad altre banconote, per esortare i suoi confratelli a fargli dedicare una messa o delle impronte infuocate sugli abiti talari e sulla camicia di Isabella Fornari, badessa delle Clarisse di Todi nel 1731 apparsa a una consorella per convincerla a pregare per la salvezza della sua anima.
Non indagheremo sul fatto che questo museo dimostri effettivamente l’esistenza del Purgatorio agli ‘scettici ed increduli’, però bisogna riconoscere che è per lo meno ‘singolare’.
Chi invece non ha nessun dubbio sull’esistenza del Purgatorio, sono i fedeli della Chiesa Santa Maria della Anime del Purgatorio ad Arco, Napoli, chiamata anche la Chiesa delle Anime Pezzentelle, perché in questo luogo venivano riposti i corpi di numerosi defunti senza nome, indigenti o vittime della peste che non potevano disporre di una degna sepoltura. E’ una bellissima chiesa del ‘600 che custodisce diverse opere d’arte che ricordano il Purgatorio, ma che è soprattutto famosa per il suo ipogeo, al quale si accede attraverso una botola, che ospita numerosi resti umani di cui sopra, utilizzati dai fedeli come intermediari per le richieste di intercessione con le anime del purgatorio, soprattutto i teschi. Potremmo dire che questo spazio potrebbe essere considerato come “un pezzo” di Purgatorio.
Il culto delle anime pezzentelle (da `petere’, in latino ‘chiedere’) era a quei tempi fortissimo e anche oggi è molto sentito. Consiste nell’adottare un teschio qualsiasi, testimone tangibile della presenza di un’anima, fra i molti sepolti in questo luogo, ripulirlo e sistemarlo in un altarino, che lo si abbellisce con ceri, rosari, fiori finti e altri oggetti, e dove si va a pregare per la sua anima per facilitargli la strada dal Purgatorio al Paradiso. Si aspetta quindi che quest’anima appaia in sogno e riveli il suo nome. Da quel momento in poi si considera ‘adottata’ e vengono quindi intensificate le cure e le preghiere creando così uno speciale rapporto fra la persona che lo cura e quest’anima.
Ma tutto questo, perché? Perché quando finalmente l’anima riesce a liberarsi dal castigo del Purgatorio, una volta in Paradiso esaudirà le richieste della persona che l’ha aiutata, normalmente problemi relativi alla vita quotidiana, ma anche matrimoni o prole: ‘do ut des‘. Ma che accade se l’anima non si rivela in sogno nonostante le attenzioni ricevute e non esaudisce le preghiere? Il teschio viene riportato nell’ossario comune da dove fu prelevato, ponendolo con la faccia rivolta alla parete, e se ne adotta un altro. Ci si rivolge ad anime di morti sconosciuti, chiamate appunto ‘pezzentelle’, proprio per essere più sicuri del felice esito dell’intervento. Perché le anime abbandonate, mendicanti e derelitte hanno un maggiore bisogno di essere ricordate e che qualcuno faccia qualcosa per loro, e proprio per questo sono quelle che maggiormente possono capire le sofferenze di chi le prega dimostrandolo con l’essere riconoscenti.
Quando scendiamo nell’ipogeo, in questo piccolo Purgatorio, vediamo lungo le pareti nicchie, altarini, scarabattoli dedicati a queste anime pezzentelle. Ogni teschio ha il suo nome e la sua storia scaturiti dalla fantasia di chi li cura. Fra tutti, il più famoso è il teschio di Lucia, con una preziosa corona ed un velo da sposa.
La povera Lucia, forse figlia di un principe, fu fatta sposare contro la sua volontà e dopo le nozze si suicidò o, secondo altre versioni, morì di dolore o annegata. Le leggende intorno a Lucia sono molte e svariate, ma certamente non era una persona senza nome.
Quindi, come poteva trovarsi il suo cranio fra le anime pezzentelle? Sara proprio il suo? Ma che importanza ha!
—–
1.- La costruzione dell’attuale chiesa neogotica si iniziò nel 1910 su progetto dell’architetto Giuseppe Gualandi, e terminò nel 1917, dopo la morte del padre Jouët.