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Il culto degli eroi greci e dei martiri cristiani a confronto

12 lunedì Feb 2024

Posted by Nicoletta De Matthaeis in Reliquie, Storia

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Culto degli eroi, culto dei martiri, dies natalis, heroon, heros, Martyrium

– Processione di martiri. Mosaico. Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna

Fin da tempi immemorabili le comunità umane hanno sacralizzato i loro personaggi esemplari. Renderli immortali per mantenere imperituro il loro esempio che serva da guida alla società e a tutte le generazioni future è il proposito di queste comunità. In questo contesto il ruolo della società è fondamentale. Non esiste né martire né eroe se la società non lo ricorda.

Però il primo requisito per salvare queste persone dalla morte nella memoria collettiva è proprio la morte stessa, perché dopo la morte inizia la loro vita eterna. La morte fa diventare immortale un essere mortale, che così sarà ricordato e vivrà per sempre.

E per mantenere vivo il ricordo è necessario creare il culto, la cui evoluzione determinerà un’identità comunitaria, e un luogo di culto. Un luogo specifico preparato ad hoc che, nel caso dell’eroe greco era chiamato heroon e per il martire cristiano martyrium. Per i molti punti in comune, esiste un consenso quasi unanime nel considerare il culto dei martiri cristiani l’erede del culto degli eroi greci, nonostante le differenze nella loro evoluzione e motivazione.

– Alessandro Magno visita il sepolcro di Achille. J.H. Schonfeld 1672

Quello che distingue sia l’eroe greco che il martire cristiano dal resto dei coetanei è il loro modo di affrontare la morte, anche se non è uguale nei due casi: per il primo era intesa come una forma di proiezione sociale mentre per il secondo il mezzo di ottenere la vita eterna.

Dobbiamo in gran parte all’archeologia l’avanzamento che c’è stato nello studio di ambedue i casi: la archeologia del mondo classico e quella del mondo cristiano. Per lo studio del fenomeno eroico sono stati fondamentali i testi di Omero. Proprio per questo viene anche chiamata ‘archeologia omerica’ che comprende basicamente le scoperte dei grandi archeologi H. Schliemann1 e C. Blegen2, coadiuvate dagli studi di M. Parry e M. Ventris. Nell’archeologia cristiana una fonte inesauribile sono state le catacombe, il cui studio ricevette un ulteriore impulso con la creazione nel 1852 della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e dell’lstituto Pontificio di Archeologia Cristiana nel 1952, riprendendo gli sudi realizzati da Antonio Bosio e Giovan Battista De Rossi.

Anche le reliquie hanno un particolare protagonismo sia nel culto degli eroi che in quello dei martiri. Racconta Omero come Achille dispone di raccogliere le ossa calcinate del suo caro amico Patroclo, ucciso dal troiano Ettore, per poterle conservare in un’urna che accoglierà, come richiesto dallo spirito di Patroclo, anche le sue quando verrà il momento e di far costruire un tumulo dove sarà depositata l’urna. Il potere dell’eroe risiedeva nelle sue ossa e per questo era importante che fossero messe al sicuro per evitare furti. E se la presenza dei resti era la situazione ottimale, il potere evocatore dell’eroe era così grande che poteva funzionare anche in caso di assenza di questi, come nel caso di un cenotafio. Però anche gli oggetti appartenuti all’eroe erano oggetto di culto: la lancia, lo scudo, strumenti musicali, vestiti … e qualsiasi altra cosa, una prassi questa che ritroviamo identica nel culto dei martiri e dei santi cristiani.

– Martyrium di Cristo. Basilica del Santo Sepolcro, Gerusalemme

L’opera il ‘Martirio di Policarpo’ dell’anno 156, racconta dettagliatamente il martirio del vescovo di Smirne, Policarpo, ed è la prima di questo genere letterario. In essa si legge che i suoi discepoli raccolsero le sue ossa e le depositarono in un luogo adeguato dove potersi riunire per celebrare l’anniversario della sua ‘nascita’, il ‘Dies natalis’, che è così come viene chiamata la data del martirio che equivale alla nascita alla vita eterna. Con l’andare del tempo le reliquie acquisirono un maggior protagonismo perché si credeva che potevano trasmettere l’essenza del santo o addirittura fare miracoli.

Nel caso degli eroi greci non si concepiva lo smembramento dei corpi come nel caso dei martiri e santi cristiani, i cui corpi vennero smembrati in molti pezzi, esibiti e venerati come reliquie in diversi luoghi del mondo cristiano.

Il termine héros designa una persona straordinaria, nobile guerriero difensore della patria, al di sopra dei comuni mortali, un semidio, ma che muore come gli umani. L’ideale eroico passa di generazione in generazione gettando le basi dell’educazione greca. L’eroe personificava gli ideali e la condotta di vita dei cittadini. Assumeva una funzione vitale per il benessere della comunità grazie al culto che gli è reso nel luogo dove erano sepolte le sue reliquie e da cui egli protegge la città contro i nemici, i saccheggi, le carestie, le epidemie e i conflitti di ogni sorta.

-Heroon di Paestum. Costruito intorno al 600 a.C. e scoperto nel 1954 questo cenotafio fu eretto all’eroe fondatore della città
– Ricostruzione dell’heroon di Paestum

L’archeologia, mediante la scoperta dei luoghi di culti di alcuni famosi eroi greci, ha permesso di datare l’origine di questo culto intorno all’VIII secolo a.C., che corrisponde più o meno alla nascita delle polis, le città-stato, e si protrasse fino all’epoca ellenistica e la conquista romana (I secolo a.C.). Questi luoghi, oltre alla tomba, potevano avere una statua, una stele o altro che ricordasse l’eroe. Da semplici monumenti iniziali divennero poco a poco dei grandi spazi, veri e propri edifici porticati e circondati da un recinto, dove venivano offerti dei tributi e dei sacrifici, generalmente di animali e la posteriore celebrazione di un banchetto. Alcuni ricevevano tributi straordinari e in loro onore venivano celebrate feste pubbliche, con processioni, attività agonistiche, equestri e ginniche, simili a quelle destinate agli dèi.

Il termine ‘martire’ cominciò ad essere utilizzato nella Grecia classica con il significato di ‘testimone’: così erano chiamati coloro che testificavano in un tribunale. Nella primitiva letteratura cristiana e nel Nuovo Testamento ‘martiri’ erano coloro che avevano assistito alla morte e resurrezione di Gesù Cristo, quindi dando al termine un significato di ‘osservatore’. Però a partire dal II secolo, il termine ‘martire’ designerà una persona disposta a dar la vita per la fede cristiana che, così facendo partecipava delle sofferenze di Gesù nella sua passione e morte. Le spoglie del martire venivano poi traslate a un ‘martyrium’ che inizialmente era una tomba semplice. Queste tombe poco a poco divennero degli edifici religiosi nei quali era possibile venerare il martire attraverso la celebrazione di riti da parte di tutta la comunità, che generalmente terminavano con l’eucarestia.

– Banchetto eucaristico dei primitivi cristiani. Affresco, Catacombe di San Callisto, Roma. Sec. II

Quindi, potremmo dire che i martiri cristiani sarebbero stati gli ‘eroi’ della fede del nuovo nascente ‘popolo cristiano’. Anche loro diventarono ben presto gli esempi da seguire. Però all’aura divina che pervade l’eroe greco il martire cristiano contrappone quella della santità, e non sarà mai considerato un dio o di natura divina. Inoltre, il martire non ha una morte eroica, nel senso che soffre la persecuzione e una morte aggressiva, però dimostrando un comportamento eroico nel sopportare i peggiori tormenti. L’eroe cerca una morte spettacolare per lasciare un ricordo perpetuo del suo comportamento esemplare nella memoria collettiva e non cerca un’altra vita oltre quella terrena, perché l’Olimpo è riservato soli agli dei. Il martire affronta la morte per convinzione religiosa, sapendo che se muore per la sua fede otterrà la vita eterna e la resurrezione promessa dal suo Messia.

Sia il culto dei martiri che degli eroi furono influenzati dal contesto storico sociale e politico. Con l’andare del tempo la società man mano ha creato altri eroi ed altri martiri. Tutti rispondono a una stessa necessità, che è quella di offrire esempi a cui ispirarsi, che trasmettano valori compatibili con il nostro stile di vita e con i nostri problemi. E non è difficile trovarli: basta guardarsi intorno.

———-

1.- Conosciuto soprattutto per la scoperta della città di Troia nel 1864 – 2.- E’ famoso per la scoperta del sito di Pilo e gli scavi presso Troia negli anni 30 del secolo scorso.

Per saperne di più:  

P. Brown. The cult of the saints. Chicago 1981; M.T. Fumagalli Beonio Brocchieri, G. Guidorizzi. Corpi gloriosi. Eroi greci e santi cristiani. Bari 2012; P. Santyves. I santi successori degli dei. L’origine pagana del culto dei santi (I testimoni della fede), Roma 2016

¿Qué ha visto Egeria en su peregrinaje?

10 domenica Nov 2013

Posted by Nicoletta De Matthaeis in Artículos en español

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Abraham, Akbar, Ananías, Anástasis, Éxodo, Belén, calvario, Diario de Viaje, Edessa, Egeria, Eleona, Galicia, Gamurrini, Giannarelli, Golgota, Gomorra, Imbomom, Itinerario, Jerusalén, Jesé, Job, Jordán, lignum crucis, literatura, Mar Rojo, Martyrium, Melquisedec, Moisés, Monte de los Olivos, Monte Nebo, Peregrinaje, piedra ascensión, Santo Sepulcro, Segor, Sodoma, Staurofilakes, Tierra Santa, Triportico

Che cosa ha visto Egeria nel suo pellegrinaggio?                                           Puoi leggere ques’articolo in italiano cliccando qui

Francobollo viaggio EgeriaEgeria, la famosa peregrina en Tierra Santa del siglo IV, una de las primerísimas, dejó un relato de su viaje, un documento de extrema importancia para ubicar los santos lugares, conocer la liturgia jerosolimitana, que después se difundió en Occidente, y muchas otras preciosas informaciones. La ‘Peregrinación’, o diario de viaje, fue hallado en 1884 en Arezzo (Italia), por el jurista Gian Francesco Gamurrini. Pero no el original, sino una copia del siglo XI, desafortunadamente incompleta. Los estudios llevados a cabo en estos últimos años nos dicen que la peregrina Egeria muy probablemente realizó el viaje entre los años 381 y 384 y que fuese una monja, debido al continuo uso de las expresiones ‘dominae venerabiles sorores’, ‘dominae venerabiles’, ‘dominae animae meae’, ‘dominae, lumen deum’… que han llevado a pensar que se dirigiera a sus compañeras/hermanas de convento para las que estaba escribiendo el diario. Otros estudiosos, como Elena Giannarelli, creen que podría haber sido, sin embargo, una viuda. Pero lo cierto es que se trataba de una persona no sólo culta, rica y de alcurnia, sino también con muchos contactos en las altas esferas políticas. De hecho, tenía que tener el dinero suficiente para costearse los tres años de viaje para ella y su séquito; después, disponer de salvaconductos y cartas de recomendación que pudiera presentar a las diferentes autoridades civiles y militares. Era recibida por obispos y funcionarios imperiales y, en los tramos más peligrosos de su recorrido, era escoltada por militares pertenecientes a destacamentos situados en puntos estratégicos. Un viaje de estas características también era posible gracias a la pax romana vigente en la época post-constantiniana. Sabemos que su país de origen estaba en el Occidente europeo, de hecho en su relato menciona el río Ródano comparándolo con el Eufrates. La hipótesis más probable es que procediera de Galicia, en el Noroeste de España. De hecho, en 1984 España emitió el sello de correo conmemorativo ‘XVI centanario del viaje de la monja Egeria al Oriente Bíblico, 381-384’, recordando el décimo sexto centenario del viaje de su compatriota, justo cien años después del hallazgo del famoso ‘Itinerarium’.

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Che cosa ha visto Egeria nel suo pellegrinaggio?

26 martedì Mar 2013

Posted by Nicoletta De Matthaeis in Letteratura

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Abramo, Akbar, Anania, Anástasi, Betlemme, calvario, Diario di Viaggio, Edessa, Egeria, Eleona, Galizia, Gamurrini, Gerusalemme, Gessèn Esodo, Giannarelli, Giobbe, Giordano, Golgota, Gomorra, Imbomom, Itinerario, letteratura, lignum crucis, Mar Rosso, Martyrium, Melchisedec, Monte degli Ulivi, Monte Nebo, Mosè, pellegrinaggio, pietra ascensione, Santo Sepolcro, Segor, Sodoma, Staurofilakes, Terra Santa, Triportico

¿Qué ha visto Egeria en su peregrinaje?                                                    Puedes leer este artículo en español abriendo este enlace

Francobollo viaggio Egeria

Egeria, la famosa pellegrina in Terra Santa del secolo IV, una delle primissime, lasciò un racconto del suo viaggio, un documento di estrema importanza per ubicare i sacri luoghi, conoscere la liturgia gerosolimitana, diffusasi poi in Occidente, e molte altre preziose informazioni. Il pellegrinaggio, o diario di viaggio, fu rinvenuto nel 1884 ad Arezzo, dal giurista Gian Francesco Gamurrini. Non l’originale, ma una copia dell’XI secolo, putroppo incompleta. Gli studi realizzati in questi ultimi anni, ci dicono che la pellegrina Egeria molto probabilmente fece il viaggio fra il 381 ed il 384 e che fosse una monaca, per il continuo uso che fa delle espressioni ‘dominae venerabiles sorores’, ‘dominae venerabiles’, ‘dominae animae meae’, ‘dominae, lumen deum’.. che hanno fatto pensare che si rivolgesse alle sue compagne/sorelle di convento per le quali scriveva il suo diario. Altri studiosi, come Elena Giannarelli, pensano che potesse trattarsi, invece, di una vedova. Però la cosa certa è che si trattava di una persona non solo colta, ricca e di alta estrazione sociale, ma anche con buoni contatti nelle alte sfere politiche. Di fatto, doveva avere il denaro sufficiente per sostenere le spese di tre anni di viaggio per lei ed il suo seguito; poi disporre di salvacondotti e lettere di raccomandazione da presentare alle divese autorità civili e militari. Veniva ricevuta da vescovi e funzionari imperiali e, nei tratti considerati più pericolosi, era scortata da militari appartenenti a distaccamenti situati in punti strategici. Un viaggio di queste caratteristiche era reso anche possibile grazie alla pax romana dell’epoca post-costantiniana. Sappiamo che il suo paese di origine stava nell’Occidente europeo, infatti nel suo racconto menziona il Rodano comparandolo con l’Eufrate. L’ipotesi più probabile è che provenisse dalla Galizia, al Nord-ovest della Spagna. Tant’è così che nel 1984 la Spagna stampò il francobollo commemorativo ‘XVI centanario del viaje de la monja Egeria al Oriente Bíblico, 381-384’, ricordando, appunto, il sedicesimo centenario del viaggio della connazionale, cent’anni dopo il ritrovamento del famoso ‘Itinerarium’.

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