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¿Dónde fue martirizado San Pedro?                                                              Puedes leer este artículo en español abriendo este enlace

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Masaccio. Crocifissione di San Pietro (1426). Staatliche Museen, Berlino

Se andate al Gianicolo, che per i non romani diremo che è una collinetta dietro il Vaticano dalla quale si può godere uno stupendo panorama della Città Eterna, prima di arrivare in cima in cima, dove c’è la statua di uno dei nostri più amati eroi, Garibaldi, troverete la chiesa di San Pietro in Montorio. I romani chiamavano ‘Mons Aureus‘, da cui Montorio, monte dorato, la parte Sud del Gianicolo, per il colore giallo delle sue sabbie.

Tempietto Bramante

Adiacente alla citata chiesa, all’interno del chiostro, possiamo ammirare un tempietto circolare, costruito sul luogo dove, secondo una tradizione rinascimentale, fu martirizzato San Pietro che, come sappiamo, fu crocifisso a testa in giù. Il tempietto è niente di meno che del Bramante e viene considerato uno degli esempi più significativi dell’architettura del Rinascimento. Fu commissionato dai Re Cattolici di Spagna, Isabella di Castiglia e Fernando d’Aragona ed occupa un parte di un complesso conventuale che già apparteneva alla corona spagnola. Ancora Tempietto Bramante internooggi, alcuni edifici adiacenti sono occupati dalla Reale Accademia di Spagna delle Belle Arti. Il tempietto fu progettato e costruito fra il 1502 ed il 1510. All’interno del tempio possiamo vedere il punto esatto dove fu piantata la croce di San Pietro. E a partire da quel punto, ossia dove fu versato il sangue di Pietro, viene sviluppata dal Bramante l’idea di un’espansione centrifuga: da quel momento e da quel punto l’apostolo, vicario di Cristo, ha dato origine alla Chiesa romana come istituzione temporale e divina. E da allora Roma, per virtù di Pietro e della sua Chiesa, è divenuta il centro del mondo: la nuova Gerusalemme, assai più dell’antica, prestigiosa per una sua più grande universalità come luogo nel quale si attua la sintesi dei valori del mondo antico, pagano, e di quello giudaico e cristiano. Il tempietto è carico di simbologia: seguendo le tesi di Vitruvio, l’uso dell’ordine dorico-tuscanico identifica San Pietro come figura ‘eroica’; la cripta potrebbe rappresentare la chiesa originaria delle catacombe, il sacello la Chiesa contemporanea e militante, e la cupola rappresenterebbe la chiesa trionfante. Per non parlare della magia dei numeri: le colonne del perimetro sono 16, il numero considerato perfetto da Vitruvio in quanto 16 = 10 + 6 ed entrambi i numero sono perfetti secondo i pitagorici. Inoltre il 16 è scomponibile anche in 8+8 e l’8 è un numero molto simbolico che significa infinito ma anche morte e resurrezione.

Davvero non c’è nulla da dire sulla perfezione e bellezza di questo tempietto. L’unica cosa che non va è che questo non è il luogo del martirio di San Pietro. Ormai è universalmente accettato che San Pietro fu martizzato nell’Ager Vaticanus, più precisamente nel Circo di Nerone. La prima basilica di San Pietro fatta erigere da Costantino, sulla quale poi venne costruita quella attuale, occupava una parte di questo spazio. L’Ager Vaticanus a quei tempi era occupato non solo dal Circo di Caligola (completato da Nerone) ma anche da una necropoli a cielo aperto (adesso sotto la basilica). Al centro della spina del Circo che divideva la pista fu innalzato un obelisco egizio che rimase nella sua posizione originaria fino al 1586 quando fu spostato dall’architetto Domenico Fontana nell’attuale piazza di San Pietro.

Circo_CaligolaSappiamo che Pietro fu vittima, insieme ad altri cristiani, della persecuzione di Nerone dell’anno 64, persecuzione questa confermata da Tacito nei suoi Annali. Nerone, non riuscendo a soffocare le voci che lo facevano responsabile dell’incendio di Roma, prese i cristiani come capro espiatorio che furono ipso facto condannati e martizzati. Il martirio ebbe luogo, come dicevamo, nell’Ager Vaticanus, e normalmente i condannati venivano sepolti vicino al luogo del martirio. In quel luogo esistevano molte altre tombe, fra le quali il famoso Terebinthus Neronis, una tomba rotonda sormontata da una torre, e la Meta Romuli (vicino all’attuale chiesa di Santa Maria in Traspontina), a forma di piramide, simile a quella cestia. Il corpo di Pietro fu preso Pistacia_atlantica_segretamente dai discepoli e sepolto in un luogo vicino. Secondo gli Atti dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, l’apostolo fu seppellito in una tomba in quello stesso cimitero, probabilmente ceduta da Marcello, uno dei suoi seguaci. Il testo indica anche che il corpo fu deposto ‘sotto il terebinto, accanto al luogo della naumachia in Vaticano’. Il luogo della sepoltura di San Pietro fu oggetto di grande venerazione fin dall’inizio e, secondo la tradizione, contraddistinto anche da un terebinto, un albero che corrisponderebbe al Pistacia terebinthus, o albero della trementina. Il terebinto è citato in molti passi delle scritture, dove spesso alcuni alberi vengono associati a grandi uomini. Quest’albero, per la sua grandezza e longevità, era usato come punto di riferimento nel cammino e come monumento commemorativo ai morti, sotto la cui ombra si facevano offerte e sacrifici. Quindi anche per Pietro si perpetuava questa tradizione. Però è anche probabile che si riferissero al Terebinthus Neronis

Meta_RomluliMa allora, perché la tradizione cristiana del secolo XIV riconobbe il Gianicolo come il luogo del martirio di Pietro? Un brano dell’Atto del Martirio di San Pietro (Acta Petri), redatto nel IV secolo, dice testualmente che la crocifissione di San Pietro avvenne in un luogo ‘Apud palatium neronianum iuxta obeliscum inter duas metas’ (vicino al palazzo di Nerone, presso l’obelisco, fra le due mete). Deve intendersi per palazzo (che non esisteva in quella zona) tutta l’area. Il testo fa anche riferimento alle due mete del Circo di Caligola, ai due estremi della spina, quindi molto vicino al citato obelisco. Le mete erano le piramidi o i coni che segnavano il traguardo sulle spine dei circhi. Per estensione, il nome veniva anche usato per le tombe che avevano questa forma. Quindi per un’erronea interpretazione del testo, sono state identificate come ‘metas’ non i traguardi ma due ‘tombe-piramidi’: la Meta Remi (ossia la piramide cestia, vicino Porta San Paolo) e la Meta Romuli, già citata. Si doveva quindi trovare un luogo a metà strada fra le due ‘metas’. Ed esistendo una chiesa chiamata San Pietro in Montorio (fondata nel IX secolo) che si trova a metà strada fra le due piramidi (inter duas metas), non ci furono più dubbi.

Questa teoria è stata molto presente nell’iconografia rinascimentale, come possiamo vedere nella ‘Crocifissione di San Pietro’ di Masaccio (immagine iniziale di quest’articolo), dove si vede chiaramente che il luogo della crocifissione è al centro di due monumenti che sembrano piramidi, quindi la ‘Meta Remi’ (la piramide Cestia) e la ‘Meta Romuli’. O in quella del Polittico Stefaneschi di Giotto: San Pietro è crocifisso fra una piramide (Meta Remi) e un altro monumento che potrebbe essere il ‘Therebintus Neronis’, che in questo caso farebbe le veci della ‘Meta Romuli’.

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Giotto. Crocifissione di San Pietro (1320 circa). Polittico Stefaneschi. Pinacoteca Vaticana

Quanto alle piramidi come monumenti funerari, a Roma ce ne furono varie da quando Augusto conquistò l’Egitto. Erano di moda. Della famosa Meta Romuli, il marmo che la ricopriva fu utilizzato nella primitiva basilica di San Pietro, e successivamente, nel Rinascimento (1499), venne abbattuta per ordine del papa Alessandro VII per creare la Via Alessandrina e cosí collegare il Vaticano con il Tevere. Il Terebinthus Neronis, invece, venne demolito nel VII secolo ed i blocchi della pavimentazione che lo circondavano vennero utizzati per i gradoni della basilica. Ma la piramide continuava a rimanere nella memoria della gente, particolarmente perché ce n’era anche un’altra, quella cestia, che fortunatamente ancora esiste, anche’essa di epoca augustea come la prima. Per qualche sconosciuta ragione cominciò a circolare la leggenda che le due tombe erano quelle dei due fondatori di Roma, Romolo e Remo. Romolo fu associato alla piramide del Vaticano e Remo a quella di Caio Cestio. Così come i famosi gemelli fondarono la Roma pagana, Pietro e Paolo sono i fondatori della Roma cristiana, e la simbologia segue lo stesso parallelismo: il Vaticano e Porta San Paolo.

Formella FilareteE adesso andiamo a guardare un pannello che riassume tutta questa storia. E’ una formella della porta del Filarete della Basilica di San Pietro in Vaticano, che descrive il martirio di San Pietro, ovviamente secondo la teoria rinascimentale. Nella parte superiore vediamo San Pietro mentre viene crocifisso, in una zona alta, quindi sul Gianicolo. Poi a destra l’imperatore Nerone, che ha ordinato il martirio, seduto nel suo palazzo (ecco il palazzo del famoso brano). Un gruppo di legionari romani occupano la parte centrale del pannello. Nella parte inferiore invece abbiamo: a sinistra la Meta Remi (ossia la piramide Cestia), poi il Terebinthus Neronis e la Meta Romuli. Come cosa curiosa, fra questi due ultimi monumenti, possiamo osservare un albero con la corteccia fatta a squame, proprio come quella del terebinto! Nel dubbio che il terebinto fosse un monumento o un albero, il Filarete li ha messi tutti e due!!