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El cabello de la Virgen María también sirvió para atar un mensaje. Puedes leer este artículo en español abriendo este enlace

Reliquiario contenente una ciocca di capelli di Maria Vergine. Museo della Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma

Se Giovanni Calvino diceva che se si mettessero insieme tutti i frammenti della Vera Croce che esistono nel mondo questi formerebbero l’intero carico di una nave, parimenti potremmo dire che se mettessimo insieme tutte le ciocche di capelli della Vergine Maria, potremmo pensare che la chioma della madre di Cristo era di misure considerevoli, se non interminabile. Quando sarebbero state prese queste ciocche? Tutte nel momento della sua morte o ‘transito’?, e da chi? Dovuto alla loro grande profusione, nonché la diversità di colori, la logica ci fa dedurre che invece, per forza di cose, sarebbero state prese in differenti epoche della vita della Madonna, se proprio vogliamo fare un atto di fede. Solo a Roma sono presenti reliquiari con capelli di Maria Vergine in una quindicina di chiese. Altre centinaia sono reperibili nel resto d’Italia e del mondo cristiano.

Come nel caso di Cristo, non esistendo il corpo, ci si doveva accontentare di oggetti a lei appartenuti. Quindi, come abbiamo già visto in altri articoli di questa pubblicazione, vengono venerati la Sacra Cintola, l’anello di nozze, il velo, la sua casa… e poi altri ‘reperti’ che, se proprio non sono il corpo, potremmo definirli come elementi ‘organici’: il latte, abbondantissimo in tutto il mondo, e i già menzionati capelli.

Però c’è un caso alquanto curioso in cui i capelli furono usati da Maria stessa per arrotolare una missiva indirizzata al popolo di Messina. E su questa tradizione si basa la gran devozione mariana del popolo di questa città per la loro ‘Madonna delle Lettera’. Le cose andarono più o meno così.

Mattia Preti (1613-1699). Madonna della Lettera. Museo Regionale di Messina

Nel 42 d.C. Paolo di Tarso giunse in Sicilia, approdando a circa 12 Km da Messina, e fu ben accolto dai messinesi. Paolo, oltre che a predicare il Vangelo, parlò loro della madre di Cristo. Quando fu il momento di ritornare in Palestina, volle partire una delegazione di messinesi con lui, disposti ad andare a conoscere Maria e chiederle una benedizione per la loro città. Questa delegazione sarebbe stata composta da Geronimo Origgiano, Marcello Benefacite, Bruzio Ottavia e Centurione Mulè. L’incontro con la Vergine sarebbe avvenuto il 3 giugno dell’anno 42. E non solo questo: la Vergine avrebbe dato loro una lettera da portare in patria, scritta in ebraico, legata con una ciocca dei suoi capelli. Il testo, tradotto  posteriormente al latino, sarebbe stato il seguente:

Maria Vergine, figlia di Gioacchino, umilissima serva di Dio, Madre di Gesù Crocefisso, della tribù di Giuda, della stirpe di Davide, salute a tutti i Messinesi e benedizione di Dio Padre Onnipotente. Ci consta, per pubblico strumento, che voi tutti con fede grande avete a noi spedito Legati e Ambasciatori e confessate che il nostro Figlio, generato da Dio, sia Dio e uomo, e che dopo la sua risurrezione salì al cielo, conoscendo voi la via della verità per mezzo della predicazione di Paolo Apostolo eletto. Per la qual cosa, benediciamo voi e la stessa città, della quale Noi vogliamo essere perpetua protettrice.
Da Gerusalemme, l’anno 42 di Nostro Figlio. Indizione 1 luna XXVII

La frase ‘Benediciamo voi e la stessa città’ “Vos et ipsam Civitatem benedicimus” si può leggere nella stele votiva nel porto di Messina, con la statua della Madonna della Lettera in cima, stando a significare l’importanza di questa vergine per la città. La lettera sarebbe stata tradotta dall’ebraico nel secolo XV da Costantino Lascaris, un erudito fuggito da Costantinopoli quando questa città cadde in mano ai turchi. A Messina fondò una scuola di lettere e si crede che da quel momento in poi cominciò a svilupparsi il culto per la Madonna della Lettera. O addirittura più tardi, nel 1716, quando fu ritrovato il testo arabo della presunta Lettera della Madonna ai messinesi all’interno di un codice siriaco e fu tradotto al latino dal maronita Don Giuseppe Assemanni, deputato della Santa Sede per l’interpretazione di lingue orientali. Questa traduzione fu poi portata dal Vaticano a Messina dal monaco basiliano Gregorio Arena.

A quanto pare, la lettera venne conservata gelosamente nella città e poi nascosta durante le persecuzioni contro i cristiani. Sempre secondo la tradizione, la lettera originale fu finalmente trovata nell’archivio pubblico nel 430. Ma oggi non esiste più, essendo stata probabilmente distrutta durante l’incendio della cattedrale del 1254, o dal terremoto del 1693. Venne distrutta la lettera, però non i capelli, quelli usati dalla stessa Maria per avvolgere la pergamena. Vengono portati in processione nel giorno del Corpus Domini, sul Vascelluzzo, di cui parleremo in seguito, mentre il simulacro in argento della Madonna che tiene in mano la lettera, viene portata in processione il 3 giugno.

Madonna della lettera. Messina. Processione del 3 giugno

E questa processione, un anno dopo l’altro, dimostra il profondo legame del popolo messinese con la loro patrona, che tanto li ha aiutati nei momenti difficili: pestilenze, terremoti (1693, 1783 e 1908), bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale (1943). Per non parlare degli interventi miracolosi. Durante le Guerre del Vespro (XIII secolo) la Madonna apparse sul colle della Caperrina e difese le mura della città dagli attacchi angioini. Poi c’è l’arrivo di vascelli carichi di grano in momenti di carestia o di assedi alla città, come la nave che giunse proprio durante le Guerre del Vespro, riuscendo ad eludere il blocco navale. Questo famoso vascello è riprodotto in piccola scala ed è conosciuto come il Vascelluzzo. Vien anch’esso portato in processione, ma nella festa del Corpus Domini, sul quale per l’occasione viene depositato il reliquiario con i capelli della Vergine.

Il Vascelluzzo. Messina, processione del Corpus Domini

La processione del 3 giugno ricorda l’evento della consegna della lettera da parte della Madonna agli ambasciatori, riprodotto anche nel campanile della cattedrale. Infatti, ogni giorno a mezzogiorno un complesso orologio meccanico offre uno spettacolo di automi che dura ben 12 minuti.

Non sappiamo da dove possa essere scaturita questa tradizione. Un testo del V secolo, il Chronicon Omnimodai Historiae dello storico Flavio Lucio Destro, fa riferimento alla lettera della Beata Vergine ai Messinesi, ma è possibile che si tratti di un testo interpolato posteriormente. Anche la data della lettera è incongruente, giacché all’epoca non esisteva ancora la datazione cristiana, che fu adottata nel VI secolo, mentre ‘indizione’ designa un periodo di 15 anni creato dall’imperatore Costantino, nel 312. Ma cosa importa? La tradizione e la devozione, che per secoli hanno ispirato l’arte e la cultura, continuano ad essere vive.