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duomo di orvieto

Nel XII e XIII secolo in Europa cominciarono ad aprisi e ad allargarsi molti orizzonti cuturali grazie alle vie di comunicazione e una accresciuta mobiltà. Questo influì anche sul culto per i santi in quanto la devozione popolare poco a poco tese a focalizzarzi sulla venerazione dei santi universali, la Vergine, gli apostoli, o altri santi molto conosciuti, a detrimento dei santi locali. Ai santi universali si poteva rendere culto ovunque, non solo presso le loro tombe, dovuto anche alla poca disponibilità di reliquie di questi ultimi. Quindi le reliquie dei santi locali cominciarono a perdere un po’ di protagonismo, soprattutto da quando la Chiesa gradualmente mise Cristo al centro della devozione, attraverso l’adorazione di quella che era considerata la reliquia per eccellenza: l’ostia consacrata, ossia il corpo ed il sangue di Cristo. I santi continuavano ad avere un ruolo importante, soprattutto come intercessori e taumaturghi, e come tali continuavano ad attirare i pellegrini, ma doveva essere Cristo il centro della venerazione. Già nel Concilio di Chelsea (816) l’eucarestia era considerata una ‘reliquia’ per cui, così come le altre reliquie non erano parti di un santo ma il santo in sé, allo stesso modo l’eucarestia era il corpo e il sangue di Cristo, quindi lo stesso Cristo. Quando si consacrava una nuova chiesa, doveva essere introdotta negli altari insieme alle altre reliquie, ed in mancanza di queste, la sola eucarestia era considerata sufficiente.

Adesso il problema che si poneva era come convincere un settore scettico del clero che il pane ed il vino, per effetto della consacrazione, non sono più tali ma si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo, ossia che la presenza di Cristo nell’ostia non è simbolica ma reale. Questa trasformazione, chiamata ‘transustanziazione’,  avviene durante la celebrazione eucaristica nel momento della consacrazione. San Tommaso d’Aquino riuscì a trovare una spiegazione del fenomeno e, utilizzando una terminologia aristotelica, disse che il pane ed il vino, anche se mantengono “l’accidente” di sembrare tali, quando l’ostia viene inghiottita e masticata è in effetti unicamente “l’accidente” ad essere inghiottito mentre il corpo ed il sangue di Cristo rimangono integri. Ma gli scettici continuavano a non capire qualcosa che, apparentemente, andava contro le leggi della fisica.

teca lastre

Il miracolo di Bolsena, come molti altri analoghi, arriva in un’epoca in cui era importante rafforzare l’idea che l’ostia è effettivamente il corpo di Cristo, soprattutto per convincere il suddetto settore scettico. L’ostia può fare miracoli, esattamente come le altre reliquie e in un dato momento può manifestare la sua identità. Stiamo parlando dei cosiddetti miracoli eucaristici come il sanguinamento in caso di dubbio o altri prodigi legati a profanazioni o eventi pericolosi. Anche se esistono episodi simili in epoca non molto antica, la maggior parte di questo tipo di miracoli è avvenuta nel Medioevo, soprattutto fra i secoli XIII e XV.

Il miracolo eucaristico di Bolsena, cittadina in provincia di Viterbo, avviene nel 1263.  Quest’anno si celebra il 750º anniversario di questo miracolo, un Giubileo Eucaristico straordinario che ha avuto inizio a gennaio 2013 e si concluderà il 16 novembre 2014 con la chiusura delle porte sante.

Miracolo di Bolsena 3Ma veniamo al miracolo. Un sacerdote boemo, Pietro di Praga, dubitava delle reale presenza di Cristo nell’ostia e nel vino consacrati. Così volle fare un pellegrinaggio a Roma per pregare sulla tomba di San Pietro e rafforzare la sua fede. Nel suo viaggio verso Roma passò per Bolsena, dove pernottò. Il giorno successivo celebrò la messa nella chiesa di Santa Cristina e nel momento della consacrazione l’ostia cominciò a sanguinare. Il sacerdote, impaurito, cercò di nascondere il fatto e alla fine della celebrazione avvolse l’ostia nel corporale di lino, il telo inamidato sul quale il sacerdote pone il calice e l’ostia consacrata. Andando verso la sacrestia alcune gocce del sangue caddero sul marmo del pavimento e sui gradini dell’altare.

Miracolo Bolsena

Il sacerdote si recò allora dal papa Urbano IV, che si trovava ad Orvieto, per riferirgli il fatto. Questi mandò a Bolsena il vescovo di Orvieto per verificare l’accaduto e recuperare il sacro lino e l’ostia. Dopo la gran accoglienza delle reliquie ad Orvieto, queste furono riposte nella cattedrale di Santa Maria Prisca. Il papa riconobbe il miracolo e per ricordarlo, nel 1264, attraverso la bolla Transiturus, estese a tutta la Chiesa la solennità del Corpus Domini, nata nel 1247 in Belgio nella diocesi di Liegi, in reazione alla tesi di Berengario di Tours secondo il quale la presenza di Cristo nell’eucarestia era solo simbolica.

Non molto tempo dopo la cattedrale di Santa Prisca fu considerata indegna di custodire queste reliquie e così cominciarono i lavori per la costruzione di un nuovo duomo, la cui prima pietra fu posta da papa Niccolò IV nel 1290. Nel 1356 venne aggiunta la Cappella del Corporale. Non esageriamo se affermiamo che il duomo di Orvieto è una delle migliori realizzazioni artistiche del tardo Medioevo italiano, un’autentica meraviglia.

reliquario Ugolino di Viericorporale

I frammenti dell’ostia ed il corporale vennero collocati, nel 1338, in un magnifico reliquiario di metalli preziosi e smalti di Ugolino di Vieri. Il corporale fu poi spostato, nel 1363, in un tabernacolo realizzato da Nicola da Siena, dov’è ancora oggi. I due reliquiari sono attualmente esposti nella Cappella del Corporale del duomo.

miracolo Bolsena Raffaello

Il miracolo di Bolsena è stato perpetuato da molti artisti fra i quali Raffaello Sanzio il quale, per incarico del papa Giulio II che nel 1506 visitò la famosa Cappella del Corporale, lo rappresentò in un bellissimo affresco nella ‘stanza di Eliodoro’ dei Musei Vaticani.

altare santa cristinaL’altare dove avvenne il prodigio fu collocato, nel XVI secolo, nel vestibolo della piccola basilica ipogea di Santa Cristina di Bolsena. Quattro delle cinque lastre di marmo macchiate del sangue sono all’interno della nuova chiesa del Miracolo della stessa località: tre custodite sotto la pala dell’altare maggiore, in una teca dorata, e una esposta nel suo reliquiario sull’altare maggiore. La quinta venne donata alla parrocchia di Porchiano al Monte.

Però siccome la scienza non crede ai miracoli viene offerta una spiegazione scientifica di questo fenomeno. Esiste una muffa, un organismo vivente chiamato serratia marcescens che giunto a maturazione produce, soprattutto su pane, focacce e alimenti simili, un pigmento gelatinoso, la prodigiosina, dall’intenso color rosso che, al decomporsi, fluidifica. Nel caso di Bolsena, non si è potuto appurare al 100% che si tratti di questa reazione chimica perché la reliquia non è mai stata analizzata. In ogni modo, se il miracolo di Bolsena ha avuto come conseguenza anche la costruzione di un capolavoro come il duomo di Orvieto, benvenuto sia!