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Nel XII e XIII secolo in Europa cominciarono ad aprisi e ad allargarsi molti orizzonti cuturali grazie alle vie di comunicazione e una accresciuta mobiltà. Questo influì anche sul culto per i santi in quanto la devozione popolare poco a poco tese a focalizzarzi sulla venerazione dei santi universali, la Vergine, gli apostoli, o altri santi molto conosciuti, a detrimento dei santi locali. Ai santi universali si poteva rendere culto ovunque, non solo presso le loro tombe, dovuto anche alla poca disponibilità di reliquie di questi ultimi. Quindi le reliquie dei santi locali cominciarono a perdere un po’ di protagonismo, soprattutto da quando la Chiesa gradualmente mise Cristo al centro della devozione, attraverso l’adorazione di quella che era considerata la reliquia per eccellenza: l’ostia consacrata, ossia il corpo ed il sangue di Cristo. I santi continuavano ad avere un ruolo importante, soprattutto come intercessori e taumaturghi, e come tali continuavano ad attirare i pellegrini, ma doveva essere Cristo il centro della venerazione. Già nel Concilio di Chelsea (816) l’eucarestia era considerata una ‘reliquia’ per cui, così come le altre reliquie non erano parti di un santo ma il santo in sé, allo stesso modo l’eucarestia era il corpo e il sangue di Cristo, quindi lo stesso Cristo. Quando si consacrava una nuova chiesa, doveva essere introdotta negli altari insieme alle altre reliquie, ed in mancanza di queste, la sola eucarestia era considerata sufficiente.