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Le spine della corona di Cristo esistenti nel mondo sono molte. Troppe. Da un primo censimento fatto da Fleury1 nel secolo XIX, che ne enumerva circa 200, siamo arrivati a ben 2.283, delle quali 995 in Italia, secondo un recentissimo censimento di A. Menna2. D’accordo che pare accertato che la corona di spine non era una corona, ma piuttosto una specie di casco formato dai rametti di spine fissati in un fascio/anello di giunchi. E considerando questo, le spine evidentemente sarebbero state più numerose di quelle necessarie per interecciare una semplice corona, ma certamente non tante da arrivare a 200 (considerando che molte si saranno anche perse) e meno ancora più di 2.000. Le spine della corona, alla luce degli studi fatti, dovrebbero appartenere ad un rovo denominato Zizyphus vulgaris lam, conosciuto anche con il nome di Zizyphus spina-Christi. Può crescere fino a 7 metri di altezza ed è molto diffuso nell’area attorno a Gerusalemme, ma anche in altre zone mediterranee, come per esempio la Sicilia o la Puglia. Le sue spine sono di varie grandezze, potendo arrivare ad una lunghezza massima di 5-7 cm. E’ estremamente difficile determinare l’autenticità di tutte le spine della corona che esistono oggigiorno, anche quando appartengono a questa specie vegetale. Ma non è questo l’oggetto di questo articolo. Parleremo invece della Sacra Spina di Andria, perché come nessuna, ha delle caratteristiche molto particolari.
Questa spina arriva ad Andria nel 1308, dono della principessa Beatrice d’Angiò nell’anno del suo matrimonio. Era figlia di Carlo II d’Angiò e sposa prima di Azzo VIII d’Este e poi, rimasta vedova, di Bertrando del Balzo, duca di Andria. La spina apparteneva alla casa reale di Francia e presumibilmente faceva parte dell’intera corona di spine che il re Luigi IX di Francia (successivamente San Luigi dei Francesi) acquistò dall’imperatore latino di Costantinopoli Baldovino II insieme ad altre preziose reliquie. Nel 1239 la reliquia arrivò a Parigi e per custodirla fu costruita la Sainte Chapelle, un capolavoro dell’architettura gotica, anche se oggi è custodita nel tesoro di Notre Dame. In realtà si tratta solo dell’anello di giunchi, senza spine. Infatti, le poche spine che arrivarono a Parigi (perché precedentemente i sovrani bizantini già ne avevano regalate diverse) Luigi IX le donò alle chiese piú importanti della Francia o alle città piu importanti dove risiedevano i discendenti della casa reale francese.
L’importanza di questa spina risiede in un suo strano comportamento osservato per prima volta nel 1633. Il prodigio della Sacra Spina di Andria si verifica ogni volta che il giorno dell’Annunciazione, ossia il 25 marzo, coincide con il Venerdí Santo. La spina è grande circa quattro dita, di colore ‘cenerognolo’3 e in essa sono presenti diciassette macchie di color violaceo il cui colore si riavviva, diventando di ‘fresco sangue’. Questo è il miracolo. Da notare che la data 25 marzo, quando è Venerdí Santo, racchiude in sé tutta la vita di Cristo: la nascita e la morte, il giorno del suo concepimento e quello della sua morte sulla croce.
Il fenomeno di nuovo si verificò nel 1644, quando la mattina alle 9 ‘apparvero molte diverse gocce e macchie di sangue’ che scomparvero la mattina dopo. Poi nel 1701, quando insieme al miracolo, con ‘urli e strida’ una donna ossessa ‘furibonda’ cadde a terra e ‘l’ossessione cessò’3. Il miracolo si riprodusse puntualmente nel 1712, 1722, 1785 e 1796.
Nel 1799 la città fu saccheggiata dai francesi il 23 marzo, sabato santo, ed il reliquiario fu venduto, ma la spina fu recuperata da un ricco proprietario e, dopo diverse peripezie, nel 1837 fu finalmente riportata ad Andria il 31 ottobre. Ed il giorno dopo, il 1º novembre, in modo completamente straordinario, si rinnovò il miracolo.
Nel 1842, il miracolo non avvenne nel modo solito, perché la spina aveva prodotto delle piccole escrescenze bianche ed argentee, come una fioritura, della grandezza di una capocchia di spillo. Nel XIX secolo i miracoli furono altri due: nel 1853 e nel 1864.
Nel XX secolo il primo prodigio avvenne nel 1910, ma il giorno dopo, ossia il sabato santo 26 marzo, provocando un’ondata di protesta degli scettici che affermavano che il miracolo era stato preparato la notte, visto che il giorno prima non era accaduto niente. I seguenti prodigi avvennero puntualmente nel 1921 e nel 1932.
L’ultimo miracolo della Sacra Spina è avvenuto nel 2005. Una commissione di medici ed altri osservatori annotavano le variazioni di colore che fino alle 20.00 h. non furono molti importanti. Poi le annotazioni furono “Ore 20.00: sulla punta della Spina un piccolo rigonfiamento di colore rosso rubino. Ore 20.05: scomparsa del colore rosso. Ore 20.20: sulla punta della Spina comparsa di un piccolo bozzo come gemma di colore rosso. Ore 20.40: sulla punta della Spina il rigonfiamento (bozzo) sempre più grosso. Colore sempre rosso vivo rubino. Alle 21.05: ricompare la gemma e sul corpo della Spina verso la punta presenza di piccole granulazioni biancastra-lanuginosa. Ore 21.15: persiste la granulazione
biancastra lanuginosa e scomparsa della gemma alla punta”. Poi viene dato l’annuncio ufficiale del miracolo avvenuto alla folla che gremiva non solo la cattedrale, ma anche la piazza del Duomo e la piazza Vittorio Emanuele dove si poteva seguire l’avvenimento attraverso degli schermi giganti.
Fino ad ora la scienza non ha offerto spiegazioni sientifiche a questo fenomeno, o per lo meno non ne sono a conoscenza. Staremo ad aspettare.
Dal 2005, dovuto anche alla gran diffusione mediatica dell’evento, la Sacra Spina diventa famosa ed è meta di pellegrinaggi, soprattutto in quaresima. Viene esposta alla venerazione l’ultimo venerdì di ogni mese.
Adesso attendiamo i successivi appuntamenti: il più vicino nel 2016; e poi dovranno passare alcune generazioni fino al, niente di meno, 2157. Il 25 marzo, ovviamente.
1) Ch. Rohault de Fleury. Mémoire sur les Instruments de la passion de N.S.J.-C. Paris 1870. 2) A. Menna. La corona di spine e le sue reliquie. San Casciano 2012. 3) E. Merra, Monografie andriesi vol. I, Bologna 1906.
ma se si vuole, si trova sempre qualcosa (per esempio una spina). Oggi sto meglio con la pratica di FARE la buona cristiana. La fede nelle reliquie per me è difficile
Lo capisco. Però non ti preoccupare, si può essere buoni cristiani e non credere alle reliquie. Queste sono un fenomeno a parte e costituiscono, fra le altre cose, un modo di esprimere la religiosità di una parte dei credenti.
🙂
io c’ero il 2005, ti assicuro che è stato incredibile vedere professori scettici che strabuzzavano gli occhi e quasi si commuovevano mi ha toccato , io stesso ho visto la spina ancora rossa alla punta di un colore vivo e mi ha fatto tanto bene all’anima!!! Certo fondare tutta la fede su questi fenomeni è errato ma se Dio ancora li permette, ben vengano cfr. Mc 16!!
Certo, la fede è molto di più e non ha bisogno di prove. Grazie per il tuo commento.
Articolo molto interessante e completo, ma anch’io che sono credente ho molti dubbi sulle reliquie in genere.
Nicola
Grazie. E’ comprensibile. Per molti credenti le reliquie non sono necessarie anche se poi, senza volerlo, l’uomo si riempie di reliquie di altro genere, come per esempio oggetti legati a persone amate. Però bisogna riconoscere l’importanza storica e sociale delle stesse e la gran massa di gente che muovono, come i pellegrinaggi che sono la conseguenza diretta del culto alle stesse.
Interessante, Di recente sono stata a Parigi e ho letto che in Notre Dame era custodita una spina della corona di Cristo ma non sapevo questa storia; l’ho sottovalutata, peccato. Ugualmente neppure conoscevo che la Saint Chapelle fosse stata costruita per contenerla. Grazie. Un saluto
Grazie a te.
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La storia è per molti versi simile alla Sacra Spina di Serra San Quirico…
Sono d’accordo.
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Cara Signora,
vorrei tradurre il Suo articolo sulla spina di Andria e pubblicarlo sul bollettino della mia associazione francese “Les Nouvelles de l’Association Jean Carmignac”. Potrà facilmente trovare il suo sito internet. Difendiamo la storicità dei Vangeli e spesso i miracoli ci aiutano. La ringrazio in anticipo della Sua cortese risposta. Marie-Christine Ceruti-Cendrier.
Con molto piacere sempre che sia citata la fonte con link all’articolo originale. Grazie per il suo interesse.
Sante Spine della Corona di Gesù sono conservate in diversi comuni irpini: ad Avellino, il capoluogo della provincia, ad Ariano Irpino, a Luogosano, a Bonito, a Bagnoli Irpino.
Nel Duomo di Avellino, dedicato a Santa Maria Assunta, si conserva una Santa Spina della Corona di Gesù e una scheggia della Santa Croce di Cristo, entrambe custodite in un reliquiario argenteo a forma di croce, finemente lavorato. Sia la spina che il pezzetto di legno furono donati alla cattedrale di Avellino da Carlo I d’Angiò (Parigi, 21 marzo 1226 – Foggia, 7 gennaio 1285), figlio del re di Francia, Luigi VIII il Leone e di Bianca di Castiglia, re di Sicilia dal 1266 fino alla sua cacciata dall’isola nel 1282 in seguito ai Vespri Siciliani. Continuò a regnare sui territori peninsulari del Regno, con capitale Napoli, con il titolo di re di Napoli, fino alla sua morte, avvenuta nel 1285.
Le Sante Spine di Ariano Irpino, secondo la tradizione furono probabilmente donate dal Re Carlo D’Angiò nel 1269, quale premio per la fedeltà alla causa del Papa, e sono custodite in due cilindri di cristallo inseriti uno sopra l’altro nella parte alta di un artistico reliquiario – ostensorio d’argento di probabile fattura napoletana. Anche se il Vescovo di Ariano Luigi Morales, nel 1660, nella lettera di risposta al viceré conte di Pignoranda che gli chiedeva una delle due Sante Spine, scriveva che non può donagliela data la forte devozione degli Arianesi e che erano un dono del Papa Paolo IV al Cardinale Vescovo di Ariano Diomede Carafa
Le spine, a forma si spilloni, sono lunghe 6 e 5,5 centimetri, di colore avorio ad eccezione delle punte che sono scure. Ogni anno nei giorni 11, 12 e 13 agosto si celebra la rievocazione storica del dono delle Sacre Spine.
La Santa Spina custodita a Bagnoli Irpino, nel Venerdì Santo del 1932 e del 2016 come riferito dal parroco don Stefano Dell’Angelo, che ha seguito e fotografato l’ultimo evento, si è arrossata.
Il primo evento è descritto dallo storico locale Belisario Bucci nel suo libro “Bagnoli e le sue opere d’arte”. Del secondo evento il parroco don Stefano Dell’Angelo ha redatto una relazione per il vescovo della diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi.
Questa Santa spina fu donata nel XVI secolo al locale monastero domenicano dal bagnolese Ambrogio Salvio, confessore personale dell’imperatore Carlo V, del papa Pio IV e vicario generale dell’ordine domenicano; pertanto la sua dichiarazione di aver ricevuto questa spina da persone di fiducia non fu mai messa in dubbio, del resto il reliquario contenente la Spina è sigillato con lo stemma vescovile in ceralacca del Salvio.
La Santa Spina che si venera a Bonito, fu donata alla Chiesa di Bonito da Romualdo Cassitto che a sua volta l’aveva ricevuta dal fratello Salvatore, medico in Napoli, che l’aveva avuta in dono da un cardinale da lui guarito.
Antonino da Piacenza nel VI secolo riportò che la Corona di Spine si trovava all’epoca esposta nella chiesa sul monte Sion a Gerusalemme; si ricorda che Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore (Scolacium, 485 circa – Scolacium, 580 circa) commentando il Salmo LXXXVI, scrisse: “Qui noi possiamo osservare la corona di spine, che venne posta sul capo del Nostro Redentore di modo che tutte le spine del mondo fossero riunite sul suo capo e spezzate” (Migne, LXX, 621).
L’imperatore Giustiniano I il Grande (Tauresio, 482 – Costantinopoli, 14 novembre 565) diede ordine di donare una spina a san Germano (Autun, 496 – Parigi, 28 maggio 576), vescovo di Parigi, reliquia che ancora oggi è conservata nella chiesa parigina di Saint-Germain-des-Prés.
L’imperatrice bizantina Irene Sarantapechaina d’Atene (Atene, 752 circa – Lesbo, 9 agosto 803) inviò a Carlo Magno, nel 798 o nell’802, diverse Spine che vennero deposte nella chiesa di Aquisgrana.
Secondo Francois de Mély la Corona non venne portata a Bisanzio sino al 1063.
Baldovino I (Valenciennes, luglio 1171 – Veliko Tărnovo, 1205), primo imperatore dell’impero latino di Costantinopoli, che conservava la Corona di Spina nella cappella del Palazzo di Buccolone in Costantinopoli, donò nel 1205 al cognato, il re di Francia Filippo II (Gonesse, 21 agosto 1165 – Mantes-la-Jolie, 14 luglio 1223) una Spina, attualmente, custodita nella chiesa parigina di San Dionigi.
Nel 1238, Baldovino II (Costantinopoli, dicembre 1217 – Napoli, ottobre 1273), imperatore latino di Costantinopoli, donò, per il supporto ricevuto per riprendersi Costantinopoli e liberare dagli infedeli la Terra Santa, al re di Francia, Luigi IX (Poissy, 25 aprile 1214 – Tunisi, 25 agosto 1270), canonizzato da Papa Bonifacio VIII nel 1297 come san Luigi dei Francesi, il quale inviò a Costantinopoli Fra Andrea di Longiumò, Nunzio apostolico e un altro religioso, per prelevare la reliquia, che per necessità economica, era stata data in pegno per 13.134 pezzi d’oro, con la clausola che fosse diventata loro se non riscatta entro il 19 giugno, ai Veneziani, che, essendo nel dicembre del 1237, previo esame della reliquia, appostivi i sigilli della regia potestà francese, la trasportarono a Venezia con una nave con a bordo anche i due legati di Luigi IX. A Venezia la Corona fu deposta nella Cappella di S.Giovanni; qui rimase Fra Andrea di Longiumò, mentre l’altro religioso tornava a Parigi per spiegare al re l’accaduto.
Luigi IX pagò il prezzo richiesto e riscattò la reliquia per la quale fece costruire la Sainte-Chapelle (completata nel 1248). La reliquia rimase in questa chiesa sino alla Rivoluzione francese (1799) quando, dopo essere stata ospitata per qualche tempo alla Bibliothèque nationale, e sulla base poi del Concordato del 1801, la chiesa poté tornarne in possesso, deponendola presso la cattedrale di Notre-Dame.
Papa Giovanni Paolo II (nato Karol Józef Wojtyła a Wadowice, 18 maggio 1920 – Città del Vaticano, 2 aprile 2005) la portò personalmente nella Sainte-Chapelle durante la Quarta Giornata Mondiale della Gioventù (1997) in occasione della sua visita in Francia.
La Corona di Spine è conservata in un cerchio di vetro mentre alcune spine rimosse nel tempo dalla corona sono conservate in un reliquiario separato.
Altri reliquiari vennero realizzati per custodirla, tra cui uno commissionato da Napoleone Bonaparte (Ajaccio, 15 agosto 1769 – Longwood, Isola di Sant’Elena, 5 maggio 1821) in stile neoclassico e uno neogotico commissionato da Napoleone III (Parigi, 20 aprile 1808 – Chislehurst, 9 gennaio 1873) in oro, gemme e cristallo di rocca, disegnato dall’artista francese Eugène Viollet-le-Duc (Parigi, 27 gennaio 1814 – Losanna, 17 settembre 1879).
La Corona di Spine viene esposta durante la Settimana Santa e ogni primo venerdì del mese, a ricordo della Passione, ma il 15 aprile 2019 un impressionante incendio ha devastato la cattedrale di Notre Dame. Le fiamme sono partite da un’impalcatura che circonda la cattedrale per lavori di ristrutturazione. Alcuni fedeli che erano all’interno della cattedrale per la celebrazione della messa hanno raccontato che verso le 19 di lunedì 15 aprile 2019 è iniziato l’incendio, che ha poi avvolto il tetto e la guglia, fino a farli crollare, intorno alle 20.
Secondo quanto riferito dal rettore della cattedrale, Patrick Chauvet, la Corona di Spine è rimasta indenne da tale incendio.
Grazie per questo importante apporto. Sulla corona di spine può anche leggere il mio articolo https://reliquiosamente.com/2014/06/04/la-corona-di-spine-e-la-sainte-chapelle/
Buona Pasqua.
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Gentilissima Dott.ssa De Matthaeis desidero esprimerLe il mio compiacimento e le mie congratulazioni per il Suo sito così ottimamente strutturato : una vera fonte di importanti notizie storiche e religiose.
La prego di gradire le mie espressioni augurali per le imminenti prossime festività natalizie.
Andrea Carradori ( regione Marche, Italia)
La ringrazio molto. Indubbiamente, grazie a coloro che, come lei, lo leggono, il sito acquisice molto più senso e ragione di essere, che non è altra che quella di condividere. Anch’io le faccio tanti cari auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo che, sono sicura, senza essere indovina, serà migliore di questo.
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