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Boccaccio, Collin de Plancy, culto delle reliquie, De pignoribus sanctorum, Giovanni Calvino, Guibert de Nogent, Martín Lutero, Reliquie, Riforma, Sant’Agostino, traffico di reliquie, Vigilanzio il Guascone
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Il culto delle reliquie, fin dagli albori del cristianesimo, è stato molto esteso fra i cristiani anche se, col passare dei secoli, veniva sentito, inteso e vissuto in modo diverso. Sappiamo l’importanza che ha avuto nel sentire religioso sia in occidente che nel medio oriente cristiano, e anche come le reliquie hanno contribuito allo sviluppo economico di molte comunità, soprattutto durante il Medio Evo, diventando persino potenti strumenti di potere.
E sempre nella stessa epoca le reliquie sono servite come simbolo di identificazione di una città, addirittura al di là del valore religioso delle stesse, soprattutto quando l’iniziativa per possederle non partiva dalla Chiesa ma dalle forze politiche e sociali, come per esempio nel caso della Repubblica di Venezia. Sappiamo anche como molti grandi sovrani si sono serviti di esse come mezzo di unione politica dei loro territori e addirittura in alcuni casi veniva dato loro un valore scaramantico. Molta gente si è arricchita con il traffico illegale di reliquie vere e false o con la trafugazione delle stesse. E poi non possiamo dimenticare che i fenomeni dei pellegrinaggi sono esclusivamente il frutto del culto per le reliquie, con tutto il risvolto culturale ed economico che hanno portato questi movimenti.
Però non tutti davano a questo culto tanta importanza. Anzi, diremo che in molte occasioni ha suscitato molte controversie ed è stato biasimato e condannato da eminenti figure della storia, della letteratura e della religione. Alcuni per il traffico illecito a cui si prestava ed altri semplicemente lo disapprovavano. Queste voci discordanti non sono solo state frutto di una determinata epoca, come per esempio durante e dopo la Riforma, ma le troviamo sin dai primi secoli del Cristianesimo.
Molto brevemente, vediamone alcune.
Per Sant’Agostino (354-430), uno dei primi padri della Chiesa, le reliquie sono oggetto di venerazione in quanto attraverso loro adoriamo Dio1. Condannava l’eccessiva venerazione delle stesse e non credeva che esse potessero operare miracoli. Attenuò con il tempo questa tesi quando fu testimone dei moltissimi miracoli che alcune reliquie di Santo Stefano produssero. Quindi in ‘Città di Dio’ sostenne poi che, producendo miracoli, la reliquia di un martire dimostra che Dio ne riconosce la fede.
Vigilanzio il Guascone, un presbitero francese del V secolo, scrisse un trattato contro certe pratiche cattoliche e soprattutto contro la venerazione delle reliquie. Queste non sono altro che polvere e non hanno potere di intercessione. I santi si trovano in cielo e da lì possono intercedere per i peccatori; non c’è bisogno di recarsi in un santuario per avere accesso a loro. La sola testimonianza di queste tesi la troviamo nella lettera di condanna che San Girolamo, accanito difensore del culto delle reliquie, gli indirizzò2.
Il testimone di Vigilanzio fu in un certo senso raccolto da Claudio, vescovo di Torino fra l’817 e l’818. Sosteneva che il cristiano doveva avere un rapporto diretto con Dio e Cristo, non mediato da immagini né da reliquie. I santi potevano aver avuto poteri spirituali in vita però questi poteri finivano con la morte. Era anche avverso al culto della croce come oggetto e non credeva nell’importanza dei pellegrinaggi, giacché la penitenza poteva essere praticata dovunque.
De Pignoribus Sanctorum è un trattato sulla venerazione delle reliquie scritto da Guibert de Nogent (1055-1024). Quest’abate francese non attaccava la venerazione delle reliquie in sé, però esigeva la verità sull’autenticità delle stesse, condannando l’esumazione dei cadaveri e lo smembramento dei corpi. Denunciava aspramente la credulità delle masse che alimentava la corruzione e l’avidità dei santuari che per arricchirsi presentavano false reliquie e facevano accadere falsi miracoli. Affermava anche che la grazia che si riceve non dipende dall’oggetto venerato ma dalla fede di chi la ottiene.
Durante il Rinascimento il traffico di reliquie, vere o false, era un’attività molto lucrativa. Anche Boccaccio se ne fa eco e lo mette in ridicolo in una delle novelle del Decameron, nella quale l’astuto ‘Frate Cipolla promette a certi contadini di mostrar loro la penna dell’agnolo Gabriello; in luogo della quale trovando carboni, quegli dice esser di quegli che arrostirono san Lorenzo’.
La corruzione della Chiesa, soprattutto legata alla concessione di indulgenze, preparò il terreno alla Riforma. Nel 1527 Lutero pubblicò le sue famose 95 tesi sulle indulgenze, e nel 1543 Giovanni Calvino, che era a capo della comunità protestante di Ginevra, scriveva il suo famoso Traité des reliques. In quest’opera le reliquie sono considerate come oggetto di un ‘malvagio e disonesto mercato’ deviando l’attenzione sull’essenziale del messaggio evangelico. Invece di cercare Gesù Cristo nella sua parola e nei suoi sacramenti lo cerchiamo in oggetti, come le vesti, le lenzuola, i chiodi….. E’ inoltre particolarmente critico verso tutte le supposte reliquie in circolazione. Praticamente non esiste nessun passaggio o avvenimento descritto nel Vangelo che non abbia le sue corrispondenti reliquie. Non solo i frammenti della croce, chiodi e spine della corona, ma anche il santo prepuzio, il fieno della mangiatoia, le lacrime, il sangue e l’acqua del costato, gli oggetti dell’ultima cena, la tunica ed i dadi…. e perfino le impronte dei piedi e delle natiche.
E per terminare questa breve rassegna citeremo un’altra importante opera scritta nel 1821 da J.A.S. Collin de Plancy, autore di importanti lavori sull’occultismo e la demonologia. Mi riferisco al “Dizionario critico delle reliquie e delle immagini miracolose”, un trattato in 3 volumi dove vuole dimostrare l’assurdità del culto delle reliquie, comparandolo con riti pagani, denunciando la falsità di molte di loro, vista l’esistenza di una stessa reliquia in diversi luoghi e l’abilità della Chiesa ad inventarsi supposti miracoli fatti dalle reliquie approfittando dell’ignoranza e della superstizione del popolo. All’inizio del libro avverte che la sua opera non va contro il Vangelo e che quindi non dovrebbe “disturbare” i veri cristiani e che nel XIX secolo questo culto non è più sostenibile, se non per interesse, ed il clero, invece di usare la sua scienza per combattere questa superstizione, non fa altro che fomentarla. Non si salva neanche il popolo il quale “Invece di cercare gli dei ed i santi nella loro dottrina e nel loro esempio, non li vede che nelle loro ossa e nelle loro immagini, come se la pietra e le ossa putride avessero il potere supremo”.
Anche a distanza di secoli uno dall’altro, molti argomenti si somigliano e senza dubbio anche oggigiorno ci saranno molte opinioni che condividono pienamente tutte queste tesi che, come abbiamo visto, non sono solo nate all’ombra delle teorie luterane. Ma allo stesso tempo possiamo affermare che, nonostante ci troviamo a vivere in una società dove la religione non condiziona più tanto la nostra vita e le nostre decisioni, il culto delle reliquie occupa ancora un posto rilevante nella nostra cultura e nel modo di intendere e vivere la fede di molte persone.
1.- Sant’Agostino. Libro Ventesimo. Contro Fausto Manicheo 2.- San Girolamo. Contra Vigilantium
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Sempre interessante quello che ci proponi mia cara Nicoletta. La tua cultura a riguardo non ha confini. Baci. Isabella
Mi sembra un po’ esagerato…. grazie comunque.
Tu fidati. Intanto prendi questo : smack!!!