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Andrea di Grazia, Cappella del Manto, Chiodi della passione, Colle Val d’Elsa, corona ferrea, Costantinopoli, Giv’at ha-Mivtar, Innocenzo VI, Pietro di Giunta Torrigiani, Reliquie, Sacro Chiodo, Santa Croce in Gerusalemme, Santa Maria della Scala, Sant’Elena
¿Dónde están los verdaderos clavos de Cristo? Puedes leer este artículo en español abriendo este enlace
La versione ufficiale sostiene che i chiodi usati per trafiggere i carpi ed i piedi di Cristo furono tre, anche se molti autori in passato hanno sostenuto che invece furono quattro, come è possibile vedere anche in buona parte dell’iconografia.

Osso del calcagno della persona crocifissa trovata a Giv’at ha-Mivtar con ancora il chiodo conficcato
Grazie ad un importante ritrovamento avvenuto nel 1968, sappiamo con esattezza come erano i chiodi utilizzati per la crocefissione. Al nord di Gerusalemme, a Giv’at ha-Mivtar, in un antico sepolcro fu rinvenuto, insieme ad altri resti, un chiodo conficcato in un osso di un calcagno destro appartenente a un uomo di nome Yehohanan ben Ha’Galqol di circa 25 anni, crocifisso fra il 6 ed il 65 d.C. Il tipo di struttura sepolcrale nella quale fu rinvenuto fu utilizzato in epoca precristiana e fino al 70 d.C. Il chiodo ha la punta spezzata, una lunghezza di 11,5 cm che può essere riportata ad un totale di 16 cm e una sezione quadrangolare con
un diametro massimo di 0,9 cm. Dal reperto si deduce che piedi erano fissati alla croce, e più precisamente le caviglie (non i tarsi) con l’aiuto di un pezzetto di legno interposto per mantenerli fermi. Il chiodo entrò dal lato destro della caviglia e fu fissato su un lato del palo della croce. Quindi, secondo gli ultimi studi, i piedi sarebbero stati inchiodati separatamente su ambedue i lati del palo obbligando il condannato a stare con le gambe aperte, modificando così le prime conclusioni, formulate dopo il ritrovamento, che indicavano che le due caviglie erano state inchiodate insieme, perché il chiodo non ha la lunghezza sufficiente. Sul chiodo esistevano ancora frammenti di legno, quindi possiamo sapere che la croce di questa persona era di legno di ulivo. Invece fra a capocchia del chiodo e l’osso furono ritrovati resti di legno di acacia, da cui la teoria del pezzetto di legno interposto. Il resto delle ossa ci indicano anche che le braccia di questa persona non furono inchiodate.
I chiodi della crocefissione di Cristo sono state fra le reliquie più desiderate e ritenute più preziose. La tradizione vuole che fossero stati ritrovati dall’imperatrice Elena, insieme alla croce, e che li portò con sé insieme alle altre reliquie e a una buona parte della terra del Calvario. Sempre secondo la tradizione, nella traversata di ritorno da Gerusalemme a Roma, grazie a uno dei chiodi che fu immerso (o gettato) nelle acque burrascose, l’imperatrice poté placare una gran tempesta. Una volta a Roma, uno o parte di questi fu fatto incastonare nel morso del cavallo di Costantino (vedi un mio precedente articolo) e nell’elmo. Costantino presumibilmente poi li riportò, o quantomeno quello che ne rimaneva (forse uno o due) con sé a Costantinopoli. Secondo un’altra tradizione uno o parte di questi chiodi pare fosse stato fatto incorporare nella corona imperiale. Uno probabilmente rimase a Roma.
Da un esaustivo inventario di santi chiodi venerati nel mondo fatto da Fleury, risulta che esistono ben 33 chiodi ritenuti autentici, distribuiti in 29 città. Ma ce ne sono altri ancora, anche dei frammenti. Roma ne annoverava due ed il totale di chiodi custoditi in Italia sarebbe stato di 16. Alcuni potrebbero essere quelli utilizzati per l’assemblaggio della croce ed altri utilizzati per fissare il titulus crucis, anche se poco probabile. Invece
esiste un discreto numero di “copie autentiche” che venivano fatte utilizzando un po’ di limatura di quelli ritenuti originali, venendo poi ad essere assimilati agli autentici. Addirittura questa “assimilazione” poteva essere fatta prendendo altri chiodi e mettendoli in contatto con uno ritenuto autentico.
Nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme di Roma, nella cappella delle reliquie, viene da tempi antichissimi venerato un santo chiodo che sempre è stato ritenuto uno di quelli portati dall’imperatrice Elena e quindi autentico. Per questo motivo, se ne fecero numerose copie, come dimostrano i segni evidenti di levigatura per asportarne delle particole. Ha una lunghezza di 11,5 cm ed un diametro, nel punto più largo, di 0,9, con sezione quadrangolare. Ne manca la punta, quindi doveva aver avuto originariamente una lunghezza di circa 16 cm. La capocchia non è originale e fu rifatta posteriormente. Però presenta le stesse caratteristiche, sia morfologiche che di grandezza, di quello scoperto a Giv’at ha-Mivtar.
La basilica di Santa Croce in Gerusalemme era precedentemente il palazzo di Elena. Al ritorno da Gerusalemme, Elena sistemò in una delle sale del suo palazzo le sante reliquie, facendola diventare una cappella privata nella quale venne sparsa sul pavimento la terra del Calvario. Il palazzo, alla morte di Elena, fu donato da Costantino alla Chiesa che lo trasformò in basilica. Nel 327 fu quindi consacrata la basilica che adesso conosciamo con il nome di di Santa Croce in Gerusalemme, chiamata anteriormente Hierusalem romana, o Eleniana, o Sessoriana, dal nome originale del palazzo, Sessorium, che a sua volta sorgeva al lato delle Terme Eleniane, del Circo Variano e dell’Anfiteatro Castrense, i cui ruderi si possono visitare ancora oggi.
Non è chiara l’origine di tutti gli altri chiodi in circolazione tranne il sacro chiodo di Siena venerato all’ospedale di Santa Maria della Scala, perché proviene da Costantinopoli, e per questo motivo si crede che sia uno di quelli che presumibilmente furono ritrovati dall’imperatrice Elena e riportati a Costantinopoli. Il chiodo rimase nel tesoro della casa reale bizantina fino al 1354, quando un mercante veneziano, Pietro di Giunta Torrigiani, lo comprò insieme ad altre reliquie. Il papa Innocenzo VI mostrò grande interesse per la reliquia, però fu dissuaso dal rettore dell’ospedale di Santa Maria della Scala di Siena, Andrea di Grazia, che voleva trasformare Siena in un luogo di pellegrinaggio, approfittando che era una città di passaggio per andare a Roma. Ma per questo era una necessaria una reliquia importante. Fece quindi, a sua volta, un’offerta molto generosa. Ma siccome la vendita di reliquie era proibita, il tratto si concluse fecendo un certificato di ‘donazione’ all’ospedale.
Pellegrinario di Santa Maria della Scala, Siena
Santa Maria della Scala era uno degli ospedali più antichi d’Europa e diventò anche uno dei più famosi. Le molte donazioni che riceveva da cittadini ricchi lo fecero diventare uno degli edifici più importanti della città, con numerose opere d’arte, diventando allo stesso tempo uno dei maggiori proprietari terrieri della città. Fu anche orfanatrofio, centro di assitenza, museo e banca, perché la gran quantità di offerte che riceveva bastava non solo a distribuire elemosine, ma anche a prestare denaro. Quando nel XIV secolo fu portato il Sacro Chiodo a Siena, la città divenne, quindi, anche un centro importante di pellegrinaggi. Per custodirlo, insieme ad altre reliquie, fu costruita una nuova cappella, la Cappella del Manto, intitolata alla Madonna del Manto. Successivamente ebbe una cappella solo per sé, la Cappella del Sacro Chiodo, e nel secolo XVI fu fondata la Confraternita del Sacro Chiodo. L’ospedale chiuse i battenti nel 1995 e al suo posto c’è oggi un museo.
Questo chiodo ha caratteristiche simili a quello di Roma, ma è abbastanza più sottile (asportazione di scheggie?). E’ lungo 15 cm, senza testa e ha la punta spezzata.
Questi due chiodi sono i soli candidati ad essere considerati originali. Poi ci sono i ‘Sacri Morsi’, di Milano e Carpentras (descritti nel mio succitato articolo) ma sono fusi, e quindi la comparazione è impossibile. Molti altri sono esposti in varie parti d’Europa, ma per un motivo o l’altro, non sono assimilabili al chiodo ritrovato a Giv’at ha-Mivtar. Vediamone alcuni:
Il Santo Chiodo della Cattedrale di Notre Dame di Parigi: 9 cm, è troppo piccolo; il Santo Chiodo di Colle Val d’Elsa (Siena), di 22 centimetri che dicono fosse servito per inchiodare il titulus crucis; il Santo Chiodo di Treviri: 15 cm, databile al X secolo; quello di Vienna, di 18,8 cm x 2 di larghezza. Altri chiodi ritenuti importanti sono nel tesoro della cattedrale di Colonia, nella cattedrale di Essen, nel castello di Wawel (Polonia) o nel duomo di Bamberg e di Treviri (Germania) o quelli di Venezia (3), ecc.
Per quanto riguarda, invece, la corona ferrea, da un esame fatto recentemente, è stato accertato che l’anello interno che doveva essere stato ricavato da un chiodo fuso, non è di ferro ma d’argento ed ha la funzione di tenere insieme le 6 piastre dorate della corona. E’ tuttora custodita nel duomo di Monza.
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Per saperne di più:
- R. de Fleury. Mémoires sur les instruments de la passion de N.-S J.-C. Parigi 1870
- Hesemann. Testioni del Golgota. Cinisello Balsamo 2003
- Biblical Archaeology: http://biblicalarchaeologygraves.blogspot.com.es/2014/12/bonus-83-givat-hamivtar-heel-bone.html
bellissimo post. Un caro saluto
Ti ringrazio.
e quello conservato nel duomo di milano?
E’ il Sacro Morso, leggi il mio articolo https://nicolettadematthaeis.wordpress.com//?s=morso&search=Vai
Quello della corona ferrea lo conoscevo… ma non sapevo si trattasse di argento; per tutti gli altri sarebbe carino farne un censimento e scoprire di ciascuno provenienza e data reale per comprnedere quali giri e queli belle storie siano raccolte in essi…
IL censimento già esiste. Le storie sulle loro origini, ecc., … è un altro paio di maniche. Certo, non sarebbe una cattiva idea…
che post interessante…complimenti! ciaooo
Ti ringrazio.
Ciao Cugina. Leggo sempre con estremo interesse i tuoi articoli e ogni volta sei capace di sorprendermi per la tua cultura in materia. Cosa dirti?, brava, continua così. Un carissimo abbraccio e bacioni. Angelo
Grazie. Bacioni anche a te
Ho letto molti dei tuoi post in Reliquiosamente e li ritengo molto interessanti. Il tuo lavoro di ricerca, veramente encomiabile, potrebbe raggiungere il massimo livello citando fonti e bibliografie. Resta comunque un’opera divulgatrice e di grande interesse.
La ringrazio per i suoi commenti
Ho letto l’articolo con vero piacere. Risponde in modo esauriente a una curiosità che avevo da tempo: grazie e complimenti.
Grazie a te per il tuo interesse.
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Bello
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Molto interessante! Un saluto!
Grazie. Un saluto e buona giornata.
E del chiodo di San Nicola l’Arena di Catania, donato da re Martino I d’Aragona al monastero omonimo vogliamo parlarne ?
La ringrazio del suo commento. Chiodi di Cristo ce ne sono minimo una trentina in varie parti d’Europa. Alcuni di questi sono semplici chiodi che furono messi a contatto con un chiodo ritenuto autentico, creando quindi una reliquia da contatto. Nel migliore dei casi, alcuni furono creati usando della limatura asportata da un chiodo considerato autentico. Forse sarebbe utile fare un censimento di tutti i chiodi esistenti, studiando e comparando le caratteristiche morfologiche, oltre che la provenienza. Buona giornata
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