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Le catacombe (4): Il culto dei martiri

10 domenica Ago 2025

Posted by Nicoletta De Matthaeis in Arte, Pellegrinaggi, Storia

≈ 8 commenti

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catacombe, Cripta dei papi, culto dei martiri, martiri, Papa Damaso, Pasquale I, Santa Cecilia, Stefano Maderno

– Jules Eugene Lenepveu – I martiri nelle catacombe 1855 – Museo del Louvre

Inizialmente le catacombe furono utilizzate come cimiteri. Poi, a partire dalla liberalizzazione del culto, dopo l’Editto di Costantino dell’anno 313, e soprattutto a partire dalla metà del V secolo, diventarono fondamentalmente luoghi di culto e santuari dove pregare sulle tombe dei martiri.

Ma da dove viene la parola martire? Viene dal latino martyr-y̆ris e a sua volta dal greco μάρτυς-υρος, che significa “testimone”, colui che aveva reso testimonianza della vita e resurrezione di Cristo fino al sacrificio della vita.

Il culto dei martiri nell’epoca paleocristiana rappresentò un elemento centrale nello sviluppo della spiritualità, della liturgia e dell’identità collettiva delle prime comunità cristiane, specialmente durante e dopo le persecuzioni dell’Impero romano.

– Banchetto liturgico fra cristiani. III secolo – Catacombe di San Callisto, Roma

A partire dal XVII secolo, quando furono riscoperti questi cimiteri sotterranei, l’archeologia cristiana, da Antonio Bosio in poi, non solo ricostruì la loro storia ma anche il loro significato, la simobología, l’iconografia, le tecniche costruttive, arrivando così a distinguere i vari tipi di tombe, la loro cronologia, gli spazi destinati alle differenti attività, etc. Ma una cosa era importantissima: era essenziale distinguere le tombe dei martiri, perché furono quelle che diedero un senso alle continuità delle catacombe, facendole diventare una sorta di santuario che attraeva migliaia di pellegrini.

Come riconoscere una sepoltura di un martire? Evidentemente era necessario qualche segno speciale, quando non era presente il titolo solenne di ‘Martyr’. Simboli come una palma, che contraddistingue un martire nell’iconografia cristiana, o la presenza di ampolle nel sepolcro1, non sempre sono segni inequivoci di trovarsi in presenza della tomba di un martire. All’epoca la palma poteva essere usata anche nei culti pagani o per i cristiani essere un segno della vittoria sul mondo delle passioni, e le ampolle con il sangue venivano piuttosto conservate in un luogo sicuro e considerate reliquie da venerare. Le ampolline trovate e ritenute per secoli erroneamente il sangue de martiri erano, generalmente, unguentari e balsamari che servivano per profumare e decorare  la tomba. Quanto al monogramma di Cristo, ☧, questo simbolo è stato raramente usato prima di Costantino, diventando comune dopo l’Editto di Milano del 313.

– Gesù Cristo affiancato da San PIetro e San Paolo. In basso, alcuni martiri, fra cui Marcellino e Pietro, che affiancano l’agnello, simbolo del sacrificio. IV secolo – Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, Roma

Indizi molto più sicuri sono invece la loro disposizione all’interno delle catacombe, fatta ad hoc per facilitare il culto. Oltre alla presenza di resti, sono le tracce di oratori, di basiliche, di lucernari, o di scale di accesso in vicinaza delle cripte, cha favorivano l’accesso ai pellegrini a ai devoti. Quindi i numerosissimi graffiti lasciati da questi, con informazioni preziose o le pitture che decorano gli arcosoli e le cappelle. Quelle delle sepolture normali sono generalmente anteriori al V secolo, mentre quelle delle sepolture dei martiri continuarono ad essere decorate anche dopo. Un ulteriore aiuto a rintracciare queste tombe lo forniscono antichi documenti, come martirologi o gli itinerari dei pellegrini compilati nel VII secolo.

– Cripta dei papi – Catacombe di San Callisto, Roma

Una volta che la Chiesa divenne proprietaraia delle catacombe, Papa Damaso (fine IV secolo) fece fare un’accurata ricerca e identificazione di queste tombe che poi furono restaurate, abbellite e adornate con inscrizioni recanti splendidi panegirici. Si arricchirono di sculture, mausolei e preziosi affreschi. Le pitture, i mosaici, i rilievi dei sarcofagi, le arti minori rievocano sempre storie bibliche, altre presentano i volti dei primi santi e martiri. Si costruirono nuove scale per facilitare l’ingresso di un sempre maggiore afflusso di visitatori. A volte vennero anche erette delle vere e proprie basiliche sotterranee, sconvolgendo interi settori delle catacombe. Nel III secolo molti papi vennero sepolti nelle catacombe di San Callisto. La fama delle tombe dei papi2 e dei martiri si era estesa a tal punto (specie nell’Europa settentrionale) che le catacombe divennero meta di veri e propri pellegrinaggi di massa.

– Catacombe di San Gennaro, Napoli – Livello inferiore

Inoltre, i cristiani facevano il possibile per collocare le tombe dei loro morti il più vicino possibile a quelle dei martiri. Ma questi luoghi privilegiati erano molto difficili da ottenersi, così spesso si scavarono piccole cappelle vicino o dietro queste tombe. E così poco a poco si crearono reti densissime, spesso con più piani di gallerie sovrapposte, che accerchiavano le tombe dei martiri.

Una volta liberalizzato il culto si poterono stabilire più liberamente cimiteri a cielo aperto. Nonostante ciò si continuarono a scavare gallerie sotterranee fino al principio del secolo V, per rispondere alla volontà dei sempre più numerosi credenti, compresi quelli della classe dirigente, di essere sepolti vicino ai martiri, soprattutto quelli piú famosi. Questo segnò una svolta importante nello sviluppo delle catacombe, perché fu quando vennero realizzate le sepolture più ricche e piú spettacolari. Si tratta in particolare dei cubicula, riccamente adornati.  

– Cripta di Veneranda. Veneranda è accompagnata dalla martire Petronilla. Catacombe di Santa Domitilla, Roma, IV secolo

Fra i martiri più famosi ricorderemo Santa Cecilia, di nobile famiglia romana martirizzata nel III secolo e patrona della musica.3 Fu sepolta nelle catacombe di San Callisto di Roma, dove fu venerata per almeno cinque secoli nella cripta che reca il suo nome. Nell’821 i suoi resti furono traslati alla basilica a lei dedicata in Trastevere, nella quale, davanti all’altare maggiore, possiamo ammirare una splendida scultura di Stefano Maderno, del 1599, una copia della quale è anche nelle catacombe di San Callisto, nella cripta dedicata alla santa.

– Santa Cecilia dopo il suo martirio. Dopo il fallito tentativo di ucciderla per asfissia, la martire è stata decapitata, come risulta dal segno sulla nuca. Stefano Maderno. 1599. Basicila di Santa Cecilia, Roma
– Basilica di Santa Cecilia, Roma. Statua di Santa Cecilia visibile davanti all’altare maggiore

A partire dal VII secolo cominciarono le traslazioni dei corpi dei martiri dalle catacombe, che generalmente si trovavano fuori le mura di Roma, a Chiese o cripte entro le mura. Queste traslazioni divennero sempre più frequenti nell’VIII e IX secolo, fino ad arrivare a una traslazione ‘di massa’: 2.300 corpi, ordinata dal papa Pasquale I, nell’827, per evitare la possibile profanazione di queste tombe da parte dei barbari che minacciavano di assaltare Roma, come già fece Astolfo, re dei Longobardi, con Pavia. Possiamo dire che da questo momento in poi le catacombe non furono piú luoghi di culto e poco a poco furono abbandonate.

Nonostante ciò, il culto dei martiri nell’epoca paleocristiana fu fondamentale per la formazione della teologia cristiana, delle pratiche liturgiche e dell’identità comunitaria, lasciando un’impronta duratura nella storia della Chiesa.

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1.- Il sangue dei martiri veniva raccolto dopo la loro morte

2.- Nelle catacombe di San Callisto (Roma) furono sepolti ben sedici papi, nel III secolo e  tutti nel chiamato Criptoportico di San Callisto, noto anche come Cripta dei Papi, situato nella cosiddetta regione dei papi e di Santa Cecilia.

3.- Cecilia fu condannata a morire asfissiata nel bagno di casa sua dovendo respirare i vapori e le emanazioni dello stesso ad alta temperatura. Però il tentativo fallisce e Cecilia rimane illesa. Quindi il prefetto decide di farla decapitare. Diventò la santa protettrice della musica per un errore di traduzione, o di trascrizione, di un brano contenuto negli Atti di Santa Cecilia: ‘Venit dies in quo thalamus collacatus est, et, canentibus [cantantibus] organis, illa [Cecilia virgo] in corde suo soli Domino decantabat [dicens]: Fiat Domine cor meum et corpus meus inmaculatum ut non confundar’. La traduzione sarebbe: ‘Venne il giorno in cui si celebrò il matrimonio e, mentre suonavano gli strumenti musicali, lei (la vergine Cecilia) nel suo cuore cantava al suo unico Signore (dicendo): Signore, il mio cuore ed il mio corpo siano immacolati affinché io non sia confusa’. ‘Organis’, che significa ‘strumenti musicali’ fu tradotto come ‘organo’, quindi diventò: ‘Cecilia cantava acompagnata da un organo’. Vediamo dal secolo XV in poi varie rappresentazioni di Cecilia con un piccolo organo portatile o altri strumenti. Però le confusioni non sono finite: in un errore di trascrizione la parola ‘canentibus’ (sinonimo di cantantibus) era originariamente ‘candentibus’, ossia bollenti. Non dimentichiamo quale fu il primo tentativo di martirio inferto alla santa, quindi i ‘candentibus organis’ sono gli strumenti di tortura, i tubi bollenti: ‘Cecilia, fra gli strumenti di tortura cantava al signore…’ dovendo intendersi come ‘thalamus’ non il banchetto di nozze, ma il momento del martirio. (da N.de Matthaeis, Andar per Miracoli, Napoli 2013

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Leggi anche: Le catacombe: Origine, sviluppo e declino, Le catacombe: morfologia, Le catacombe: iconografia ed epigrafia; Le catacombe di Roma; Le catacombe d’Italia; Le catacombe nel mondo

Prossimo articolo: Le catacombe del mondo

Le catacombe (1) – Origine, sviluppo e declino

09 venerdì Mag 2025

Posted by Nicoletta De Matthaeis in Arte, Reliquie, Storia

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Antonio Bosio, catacombe, Giovan Battista de Rossi, Incursioni barbare a Roma, martiri, papa Pasquale I, papa Zefirino, Persecuzioni

– Catacombe di Commodilla, IV secolo

Le catacombe cominciarono ad essere così chiamate nel III secolo d.C. sotto Diocleziano. E fu precisamente in occasione della sepoltura di San Sebastiano, dopo il suo martirio. Infatti fu portato in un cimitero fra il secondo ed il terzo miglio della Via Appia che precedentemente era un avvallamento usato dai romani per estrarre pozzolana.

Quindi pare che il termine derivi dal greco ‘katà’, sotto, presso, e ‘kymbe’ avvallamento, cavità, quindi ‘presso l’avvallamento’. Però è pure vero che ‘kymbas’ vuol dire anche piccole barche. Quindi in quei paraggi doveva esserci una qualche rappresentazione di due o più barchette. Forse un’osteria con quest’insegna. Il termine, pertanto, potrebbe significare ‘presso le barchette’.

Precedentemente si usava il termine cimitero (applicabile sia ai cimiteri sotterranei che a quelli sopra terra), dal greco ‘koimētérion’ (dormitorio) derivato dal verbo ‘koimáō’, ossia “dormire”, “riposare”, per sottolineare il fatto che per i cristiani la sepoltura è solo un momento temporaneo, in attesa della resurrezione finale.

In ogni caso il termine ‘catacombe’, che poi è stato applicato a tutti i cimiteri sotterranei cristiani e non, ha origine proprio in questo luogo della Via Appia, nelle catacombe prima ricordate per la memoria degli Apostoli Pietro e Paolo1 e poi definitivamente chiamate di San Sebastiano, che sono quasi adiacenti alle famose catacombe di San Callisto.

Catacombe ebraiche di Vigna Randanini, Roma
– Catacombe ebraiche di Villa Torlonia, Roma, II secolo – Affreschi con simboli ebraici

Ma facciamo un passo indietro perché è bene ricordare che questi cimiteri sotterranei non erano stati creati dai cristiani né essi ne facevano un uso esclusivo. Ne esistono anche di altre religioni. I primi ad usarli a Roma furono gli ebrei, perché rispondevano anche alla necessità di questa religione, come quella cristiana, di inumare i defunti perché rifiutavano la cremazione. Immediatamente dopo il primo periodo delle origini cristiane vi fu una netta separazione tra i sepolcreti ortodossi e quelli eretici. Ciò risulta evidente dalla presenza di affreschi o iscrizioni che escono dal ciclo iconografico che comunemente si ritrova nelle catacombe.

Ci sono anche i cimiteri sotterranei, chiamati sincretistici, appartenuti a pagani che accolsero dèi di altre religioni, oppure cristiani ancora inquinati di paganesimo. E poi ipogei più o meno vasti creati dagli Etruschi, dai Sabini e dagli stessi Romani, per restare nell’ambito romano e laziale.

– Catacombe di San Callisto, II secolo

Le catacombe erano anche la soluzione all’elevato costo dei terreni e la gran densità della popolazione, e ciò fu possibile perché a Roma il suolo è fatto soprattutto di tufo, un materiale molle, facile da scavare. Roma era quindi circondata da questi cimiteri (che ormai la città ha incorporato), perché la legge proibiva le sepoltura dei defunti dentro il recinto urbano. Molti terreni fuori porta furono comprati da persone danarose convertite al cristianesimo e poi destinati a cimiteri. Le catacombe furono poi usate anche come luogo per celebrare i riti funebri, gli anniversari dei martiri o, durante le persecuzioni, per celebrare l’eucarestia. I romani le conoscevano benissimo, anche se la ricca filmografia holliwoodiana, che ha origine in antiche credenze popolari, ci ha fatto credere che le catacombe erano un luogo segreto, dove i cristiani si nascondevano.

Le catacombe (o cimiteri con questa tipologia) si svilupparono soprattutto a Roma, circa sessanta, e altrettante nel Lazio. Ma ne esistono anche in altre città italiane e della conca del Mediterraneo, soprattutto dove ci sono terreni tufacei, cioè centro e sud Italia e nelle isole. Ma anche in altri paesi. In Italia, le catacombe si trovano soprattutto al sud, dove la consistenza del terreno è più tenace e, allo stesso tempo, più duttile allo scavo. La catacomba più a nord si trova nell’isola di Pianosa. Altre catacombe si trovano in Toscana (Chiusi), Umbria (presso Todi), Abruzzo (Amiterno, Aquila), Campania (Napoli), Puglia (Canosa), Basilicata (Venosa), Sicilia (Palermo, Siracusa, Marsala e Agrigento), Sardegna (Cagliari, S. Antioco). Nella conca del Mediterraneo, i cimiteri sotterranei più a sud si trovano in Nord Africa, soprattutto ad Hadrumetum in Tunisia.

– Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, II secolo

I cristiani cominciarono a usarle a partire dal II-III secolo d.C. con il pontificato di Papa Zefirino (199-217), che affidò al diacono Callisto, futuro pontefice, il compito di sovrintendere al cimitero ufficiale della Chiesa romana sulla via Appia, dove sarebbero stati sepolti i pontefici del III secolo. Prima di questa data, venivano seppelliti in cimiteri comuni, usati anche dai pagani, oppure in terreni privati intorno a sepolcri di famiglia di cristiani abbienti che poco a poco furono ampliati ad altri cristiani di famiglie più modeste. A questo periodo si riferiscono i nomi di alcuni cimetri o catacombe che ricordano i proprietari, i benefattori, come le catacombe di Priscilla o di Domitilla. I cimiteri sopra terra, o subdiali, occupavano un’area ben definita e recintata sotto la vigilanza e cura di un custode. I corpi, di regola, venivano orientati ad est. Le tipologie di sepolture potevano essere di diverso tipo: da quelle più lussuose (sarcofagi) a quelle più modeste, come i semplici monoliti.

Si può credere che fin dall’origine i cimiteri fossero messi in relazione con i luoghi di riunione presenti all’interno della città (domus ecclesiae), come avvenne certamente nel sec. IV, quando furono costituiti i titoli2. Nel sec. III, essendo divenuto grandissimo il numero dei cristiani, fu necessario avere dei cimiteri comuni, che furono sempre più grandi. I cimiteri privati continuarono tuttavia ugualmente, e restarono in uso anche durante le persecuzioni di Valeriano e Diocleziano, quando quelli comuni furono confiscati.

– Basilica di Santa Pudeziana, Roma, costruita sulla casa del senatore Pudente, che si trova nove metri sotto la basilica. Questa casa divenne una ‘domus ecclesiae‘ nel I-II sec e succesivamente uno dei 25 titoli di Roma, il ‘Titulus Pudenti‘. Secondo la tradizione, San Pietro fu ospitato in questa casa
– Basilica di Santa Pudenziana. Mosaico absidale

Le catacombe come cimiteri vennero usate fino al V secolo, quando la Chiesa ritornò a seppellire esclusivamente sopra terra o nelle basiliche dedicate a martiri importanti. Questo cambiamento concorda con la libertà di culto decretata nel 313 con l’Editto di Costantino, e soprattutto col trionfo definitivo del cristianesimo nel 394, dopo le leggi di Teodosio3. Sui cimiteri furono allora costruite in Roma delle basiliche, o si trasformarono in chiese le cripte sotterranee.  Da questo momento in poi, e fino all’800 circa, le catacombe cominciarono ad essere considerate come dei luoghi santi, autentici santuari dove i cristiani potevano visitare le tombe dei martiri uccisi durante le persecuzioni.

Nel VI secolo i papi Vigilio e Giovanni III restaurarono le catacombe dopo i danni causati dalla guerra greco-gotica. Altri lavori di restauro furono effettuati dai papi Adriano I e Leone III in seguito all’incursione dei Longobardi di Astolfo del 756 e quella dei Saraceni dell’846, che provocarono gravissimi danni, aggravati anche dal “lavoro” dei saccheggiatori4. Gli ultimi lavori di restauro furono un ultimo sforzo per conservare questi cimiteri per celebrarvi gli anniversari dei martiri. Sono ancora visibili molteplici graffiti, appartenenti a questo periodo, di preghiere o ricordi di riti compiuti, incisi da pellegrini sugli intonaci delle cripte. Ma il popolo romano aveva già perduto l’abitudine di frequentare i cimiteri sotterranei, e gli sforzi dei papi a nulla valsero. Poco a poco venivano trasportati in città vari corpi dalle catacombe, soprattutto di papi. Poi, nell’anno 817, papa Pasquale I, ordinó la traslazione intramoenia di 2.300 corpi santi che si trovavano nelle basiliche cimiteriali e nelle catacombe fuori le mura aureliane, per evitare la possibile profanazione da parte dei barbari che da tempo minacciavano l’assalto alla città di Roma, come già aveva fatto Astolfo, re dei Longobardi, a Pavia. Questi corpi santi furono quindi sistemati nelle chiese.

– Catacomba Anonima di Via Anapo, II secolo

Una volta tolti i corpi e le reliquie dalle catacombe, queste vennero abbandonate, salvo poche eccezioni. La vegetazione, le frane ad altro spesso ostruirono le entrate delle stesse e, con il tempo, se ne persero le tracce. Nel Medioevo nessuno sapeva più dove fossero. La scoperta casuale di una nuova catacomba intatta (quella oggi denominata Anonima di Via Anapo), avvenuta sulla via Salaria il 31 maggio 1578, fu salutata pertanto come un evento straordinario. Il rinvenimento provocò un risveglio di interessi tra gli studiosi dell’epoca, ma anche dei cosiddetti “corpisantari”, “operai spacializzati” che sottomisero la catacombe ad un sistematico saccheggio, in cerca soprattutto di reliquie di martiri.

Antonio Bosio5 (1575-1629) diede un grande impulso allo studio delle catacombe di Roma che furono oggetto di un’esplorazione sitematica. I suoi studi vennero ripresi e continuati da altri studiosi, soprattutto da Giovan Battista De Rossi6 (1822-1894) che è considerato il fondatore dell’archeologia cristiana. Nel 1852 Papa Pio IX creò, per una idea di Giovan Battista De Rossi, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra per “custodire i sacri cemeteri antichi per curarne preventivamente la conservazione, le ulteriori esplorazioni, le investigazioni, lo studio, per tutelare inoltre le più vetuste memorie dei primi secoli cristiani, i monumenti insigni, le Basiliche venerande, in Roma, nel suburbio e suolo romano e anche nelle altre Diocesi d’intesa con i rispettivi Ordinari”.

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  1. I corpi di San Pietro e San Paolo furono trasferiti dalle loro rispettive sepolture e nascosti temporaneamente in questo cimitero nel 258 sotto la persecuzione di Valeriano. Per ulteriori approfondimenti invito alla lettura dei segunti articoli: Le reliquie di San Pietro e Le reliquie di San Paolo
  2. Il titolo (titulus) indicava originariamente la tabella (di marmo, legno, metallo o pergamena) che, posta accanto alla porta di un edificio, riportava il nome del proprietario. Questo perché le prime adunanze dei cristiani si attuavano all’interno di edifici privati (domus ecclesiae). I tituli privati comprendevano, oltre alla sala cultuale e ai locali annessi per usi liturgici, anche l’abitazione privata. Successivamente nacquero i tituli di proprietà della comunità, che conservavano il nome del fondatore o del donatore della casa. (fonte Wikipedia)
  3. Editto di Tessalonica. Editto che dichiara il cristianesimo come religione ufficiale dell’impero, proibendo l’arianesimo e i culti pagani https://it.wikipedia.org/wiki/Editto_di_Tessalonica
  4. Questi saccheggiatori fornivano di reliquie soprattutto monasteri tedeschi. Sul contrabbando di reliquie del periodo post carolingio invito alla lettura dell’articolo: Deusdona: il più famoso ladro di reliquie di tutti i tempi
  5. A. Bosio. Roma sotterranea. Opera Postuma. Roma 1710
  6. G.B. De Rossi- La Roma sotterranea cristiana. Roma 1867; Bullettino di Archeologia Cristiana dal 1863; Inscripciones christianes urbis Romae VII saeculo antiquiores, 1861.

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 Leggi anche: Le catacombe: morfologia; Le catacombe: iconografia ed epigrafia; Le catacombe: il culto dei martiri; Le catacombe di Roma; Le catacombe d’Italia; Le catacombe nel mondo

Prossimo articolo: Le catacombe del mondo

“Lapis aequipondus” una pietra “multiuso”

15 domenica Feb 2015

Posted by Nicoletta De Matthaeis in Curiosità

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Lapis aequipondus, lapis diaboli, Lapis martyrum, lapis nephriticus, libbra romana, martiri, pietra del diavolo, pietra nefritica, San Domenico di Guzmán, San Lorenzo fuori le Mura, Santa Maria in Trastevere, Santa Sabina, Santo Stefano Rotondo, serpentina, tortura

“Lapis aequipondus” una piedra “multiusos”                                                  Puedes leer este artículo en español abriendo este enlace

Antonio Tempesta. Martirio di San Primo (1586). Roma, Santo Stefano Rotondo

Antonio Tempesta. Martirio di San Primo (1586). Roma, Santo Stefano Rotondo

Come tutte le società organizzate anche l’antica Roma aveva un sistema di unità di misura molto ben strutturato e soggetto a continui controlli, per evitare le frodi. Per le bilance, venivano utilizzati pesi di diverse grandezze, a seconda della necessità, regolarmente marchiati, con il valore scolpito sulla pietra ed addirittura con il nome del questore. L’unità di misura era la libbra romana (equivalente a 327,45 g), con i suoi multipli e sottomultipli. Non dimentichiamo che in latino ‘libbra’ vuol dire anche ‘bilancia’. Questi pesi erano di forma circolare, piatti nelle parti superiori ed inferiori. Quelli più grandi avevano due anelli, ovvero due rampini di ferro, che servivano per sollevarli, e quelli più piccoli ne avevano solo uno. I maggiori raggiungevano il peso di cento libbre, ossia circa 33 kili.

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Sant’Orsola e le 11.000 vergini

30 martedì Apr 2013

Posted by Nicoletta De Matthaeis in Curiosità

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11.000 vergini, Ager ursulanus, Angela Americi, arte, Attila, Bretagna, Bruges, Caravaggio, Cimitero dei Cappuccini, Clemazio, Colonia, Deonoto, Diocleziano, epigrafe, Eterio, Gallerie dell’Accademia, Goldene Kammer, Hans Memling, martiri, Orsoline, papa Ciriaco, Pinnosa, pittura, reliquiario di Sant’Orsola, Reliquie, Roma, Sant’Orsola, Stanza d’oro, Teleri, Unni, Venezia, Via Veneto, Vittore Carpaccio

Santa Úrsula y las 11.000 vírgenes                                                               Puedes leer este artículo en español abriendo este enlace

Carpaccio,_Apotheosis_of_St_Ursula

Nella basilica di Sant’Orsola di Colonia, in una stanza reliquiario adiacente chiamata ‘La stanza d’oro’ (Goldene Kammer) possiamo ammirare un’esposizione di ossa che non ha niente da invidiare al cimitero dei Cappuccini di Via Veneto a Roma. Circa quindicimila ossa di vario tipo disposte in modo artistico ed ordinato a forma di fiori, zig-zag, parole o frasi, rivestono le pareti della camera insieme a trecento busti reliquiari e una collezioni di teschi, ognuno in una teca. Queste ossa in teoria appartenevano alle unidicimila vergini che accompagnavano Sant’Orsola. Dai un’occhiata al video.

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